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Honduras: “Non smetteremo mai di lottare per Rommel”

 
La situazione dei prigionieri politici peggiora durante la crisi di Covid-19
13 maggio 2020 – Giorgio Trucchi
 

Manifestazione a Teguigalpa (foto Herrera Portillo)

Il 30 maggio si compie un anno dall’arresto e ingiusta detenzione di Rommel Herrera Portillo. Il giovane insegnante di 24 anni è rimasto vittima del falso positivo dell’incendio di alcuni copertoni davanti alla porta d’ingresso dell’ambasciata statunitense in Honduras[1]. In febbraio, alla conclusione dell’udienza preliminare,  il giudice ha disposto il rinvio a giudizio di Rommel che attualmente è ricoverato in un ospedale psichiatrico in attesa di processo.“Rommel si trova ancora al “Mario Mendoza” poiché a febbraio il tribunale gli ha negato le misure alternative alla detenzione. Con la pandemia di Covid-19 le visite sono vietate e sono più di 50 giorni che non lo vediamo. Siamo preoccupati per la sua salute”, ha spiegato Mari Cruz Portillo, madre di Rommel.

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MENSE COMUNITARIE: LA SCOMMESSA DELLE DONNE PER SOPRAVVIVERE IN TEMPI DI PANDEMIA

Spinte dalla fame che per tutta la vita le ha accompagnate, ma che in questa quarantena si è fatta insopportabile, le donne dell’insediamento Alemania nella città di El Progreso (dipartimento di Yoro, nel nord dell’Honduras), si sono organizzate per installare una mensa comunitaria, allo scopo di garantire un pasto ai loro figli e figlie. 

Una baracca improvvisata di zinco con due fornelli è diventata il luogo più importante della comunità. Lì si allevia la sofferenza che provoca la carenza di cibo e si organizzano attività di pulizia e fumigazione per evitare il contagio del Covid-19. Inoltre si analizza e affronta la minaccia di sgombero da parte delle autorità municipali, che reclamano quel terreno per la costruzione di un ospedale. 

L’insediamento Alemania è composto da 145 famiglie, delle quali 100 vivono in povertà estrema, svolgendo lavori informali, ha riferito a Radio Progreso Raquel López, presidentessa del patronato, sottolineando che in quei nuclei abitativi le capofamiglia sono donne sopravvissute alla violenza, che si dedicano ad attività quali lavare i panni altrui, riciclare plastica e vendere dolciumi. 

Quando iniziò la crisi sanitaria del Covid-19 nel Paese, le autorità imposero un coprifuoco prolungato perché la gente restasse a casa, controllando così la propagazione del virus. Mediante il programma “Honduras Solidale” il governo s’impegnò a fornire alimenti alle famiglie più povere. I fondi per questo programma vennero amministrati dai Comuni. 

La municipalità di El Progreso, gestita da Alexander López, consegnò circa 16.000 razioni di cibo, in un clima di denunce per corruzione, per presunta sopravvalutazione dei prezzi e politicizzazione nella distribuzione degli alimenti. Il 1° maggio il Pubblico Ministero fece perquisire gli uffici comunali e confiscare tutta la documentazione relativa all’acquisto di cibo durante l’emergenza. Siamo in attesa dei risultati dell’indagine. 

Le donne di Alemania cominciarono a denunciare che il “Pacco Solidale”, che il sindaco pubblicizzava attraverso le reti sociali e i mezzi d’informazione, non stava arrivando. Ci furono proteste e occupazione di strade, ma la prima risposta che ricevettero dalle autorità fu gas lacrimogeno. Indignate e afflitte dalla fame, prepararono una zuppa con i bossoli dei gas lacrimogeni usati nella repressione. 

In seguito all’azione di denuncia, vennero loro consegnate 50 razioni di cibo soltanto, insufficienti secondo le donne per alimentare tutte le famiglie. Pertanto dovettero trovare il modo di sfangarsela, allestendo una mensa che permettesse almeno di sfamare i bambini, le donne incinte e gli anziani. 

In tal modo e grazie ad altre donazioni cominciarono a cucinare per tutta la comunità. 

Nell’ambito della crisi per la pandemia, a El Progreso stanno ora funzionando una decina di mense infantili, grazie a donazioni da parte di persone, istituzioni ed alcuni impresari. Queste mense sono dirette da donne. 

Per le organizzazioni femministe, riconoscere che la crisi colpisce le donne e gli uomini in maniera disuguale è imprescindibile per comprendere gli effetti diretti e indiretti sulle persone, ponendo così in pratica politiche pubbliche che siano efficaci ed eque. 

Alle honduregne che vivono in comunità come Alemania, al di là del contagio da Covid-19 che tiene il mondo in all’erta, preoccupano il morire di fame insieme ai figli e la violenza di genere, che i provvedimenti messi in atto dal governo durante la pandemia hanno ulteriormente aggravato, ha concluso Raquel López. 

 

https://radioprogresohn.net/noticias-nacionales/comedores-comunitarios-la-apuesta-de-mujeres-para-sobrevivir-en-medio-de-la-pandemia/

 

Traduzione di Adelina Bottero

Appello per liberare i difensori dei diritti umani di Guapinol nel pieno della crisi da COVID

Parlamento Europeo – Bruxelles, 3 aprile 2020 

Al Presidente, Sua Eccellenza, Juan Orlando Hernández 

Alla Segreteria di Stato nell’ufficio dei Diritti Umani, Karla Cueva 

Al Presidente della Corte Suprema di Giustizia, Rolando Argueta 

Al Delegato Nazionale dei Diritti Umani, Dr. Roberto Herrera Cáceres 

 

 

Oggetto: Appello per liberare i difensori dei diritti umani di Guapinol nel pieno della crisi da COVID 

Sue eccellenze, 

Noi, membri del Parlamento Europeo firmatari della presente, vi scriviamo per esprimere la nostra profonda preoccupazione per la prolungata carcerazione preventiva dei difensori dei diritti umani in Honduras, ed in particolare dei membri del Comitato Municipale di Difesa dei Beni Comuni e Pubblici di Tocoa – specificamente, Porfirio Sorto Cedillo, José Abelino Cedillo, Orbin Nahún Hernández, Kelvin Alejandro Romero, Arnold Javier Aleman, Ewer Alexander Cedillo, Daniel Marquez e Jeremías Martínez Díaz. 

Siamo stati informati che i difensori hanno trascorso sette mesi (dal 1° settembre 2019) in prigione preventiva senza una giustificazione legale solida. A quanto risulta, i difensori affrontano accuse a motivo del loro lavoro nella difesa dei fiumi San Pedro e Guapinol. Da agosto ad ottobre del 2018, i difensori avevano occupato pacificamente i bordi di una strada di accesso pubblico che conduce ad un progetto minerario attuato da Los Pinares. L’ampliamento della sede stradale per uso minerario effettuato dall’impresa nel marzo del 2018, comportò che sedimenti pesanti inquinassero l’acqua dei fiumi Guapinol e San Pedro, rendendola inutilizzabile da parte delle comunità che da essa dipendono. Si sono presentate almeno dieci azioni giuridiche ed amministrative contro il processo di concessione della licenza e di esecuzione del progetto, finora rimaste senza risposta. 

Siamo in particolar modo preoccupati per la prolungata detenzione e la persecuzione giudiziaria dei difensori in assenza di chiare prove incriminatorie a loro carico. Inoltre, sappiamo che questo genere di accuse non richiede legalmente l’applicazione di misure cautelari come la detenzione preventiva. Ci hanno inoltre segnalato alcune irregolarità nel processo per il quale un tribunale di Giurisdizione Nazionale presiede il caso, mentre le accuse presentate non corrispondono a suddetta giurisdizione. 

Ci preoccupa profondamente che alla delegazione dell’Unione Europea in Honduras, insieme agli Stati membri, sia stato impedito (senza fornire motivazione alcuna) di presenziare come osservatori all’udienza del 6 novembre 2019, nella quale la giudice (Lisseth Vallecillo) ha respinto la richiesta di sostituzione del provedimento ai difensori, ratificando invece la custodia preventiva. 

Siamo oltremodo sorpresi per la catalogazione di “organizzazione illecita e criminale” che la giudice ha affibiato al Comitato Municipale, durante l’udienza di revisione delle misure, svoltasi a porte chiuse, quando si tratta di un’organizzazione dei diritti umani, riconosciuta come tale dallo Stato dell’Honduras e che non sta violando alcuna legge. 

L’11 marzo 2020 è stata inoltre presentata una nuova istanza di udienza, affinché la corte rivedesse il provvedimento di detenzione. Il 19 marzo 2020, nel contesto dell’aumentato numero di casi di COVID-19 confermato in Honduras, è stata presentata una richiesta scritta di hábeas corpus al Presidente del Supremo Tribunale di Giustizia. Fino ad oggi a queste azioni legali non sembra tuttavia esservi risposta, nonostante per la suddetta siano scaduti i termini legali.

Ci preoccupa particolarmente che i difensori siano tenuti arbitrariamente in prigione, senza giustificazione legale, come rappresaglia per il loro lavoro pacifico nell’ambito dei diritti umani in difesa del diritto all’acqua. Data l’attuale crisi sanitaria dovuta al COVID-19, i difensori sono maggiormente a rischio all’interno dei centri penitenziari di Olanchito e La Ceiba. Come l’Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, ha dichiarato il 25 marzo 2020: “Ora più che mai, i governi devono liberare ogni persona incarcerata senza una sufficiente base legale, inclusi prigionieri politici ed altri detenuti per aver semplicemente espresso opinioni critiche o dissidenti.” 

In questa situazione, e rispettando pienamente la divisione dei poteri e pertanto la sovranità della giustizia, esigiamo urgentemente che le autorità garantiscano e rispettino le norme sancite in materia di detenzione preventiva. 

Noi firmatari, membri del Parlamento Europeo, vogliamo porre l’accento sul rischio in cui incorrono i difensori nel contesto della pandemia da Coronavirus, viste le precarie condizioni delle prigioni honduregne, e reiterare l’urgente necessità di adempiere all’appello di Michelle Bachelet per liberare i prigionieri politici e coloro che sono stati incarcerati per aver espresso opinioni critiche o dissidenti. 

Speriamo che l’onorevole Corte Suprema di Giustizia adotti i provvedimenti necessari immediati e si pronunci in accordo con gli standard internazionali. Questo implica ritirare le accuse contro i difensori dell’acqua – Porfirio Sorto Cedillo, José Abelino Cedillo, Orbin Nahún Hernández, Kelvin Alejandro Romero, Arnold Javier Aleman, Ewer Alexander Cedillo, Daniel Márquez e Jeremías Martínez Díaz. 

In ultima istanza, chiediamo alle autorità di assicurarsi che abbia termine ogni persecuzione contro i difensori. 

Seguendo le direttive dell’UE sui difensori dei diritti umani e le direttive dei diritti umani dell’UE su acqua potabile e depurazione, chiederemo alla delegazione dell’UE in Honduras che dia seguito alle questioni esposte in questa lettera. 

Cordialmente,

Tilly Metz

José Gusmão

Marisa Matias

Miguel Urban Crespo

Manuel Bompard

Grace O’Sullivan

Anna Cavazzini

Nikolaj Villumsen

Clare Daly

Mick Wallace

Leila Chaibi

María Eugenia Rodríguez Palop

Diana Riba i Giner

Deirdre Clune

Isabel Santos

Sean Kelly

Mairead McGuinness

Deirdre Clune

Frances Fitzgerald

Maria Walsh

Ernest Urtasun

 

 

Traduzione di Adelina Bottero

Popoli originari ed ancestrali senza accesso al provvedimento “Honduras Solidale”

Conexihon – Tegucigalpa, Honduras – 31 Marzo 2020

http://www.conexihon.hn/index.php/dh/57-pueblos-indigenas/1491-pueblos-originarios-y-ancestrales-sin-acceso-a-la-honduras-solidaria

L’attuale crisi sanitaria da COVID-19 o coronavirus, unita alle deficitarie politiche “solidali” del presidente Juan Orlando Hernández (JOH), ha complicato ulteriormente l’accesso alla salute e all’alimentazione per il popolo lenca. 

“Stiamo ancora aspettando il sacco solidale, ma abbiamo deciso collettivamente che le chiese evangeliche riceveranno i viveri e li ripartiranno senza alcuna distinzione di razza, colore politico o religione; non sappiamo ancora quando verranno a portarceli, hanno tardato e non è corretto il modo in cui hanno operato”, ha affermato l’indigeno lenca Carlos Colinas del municipio di San José de Colinas, dipartimento di Santa Barbara. 

Ha anche spiegato che a fronte della grave precarietà dei centri di salute si è deciso insieme ad altre organizzazioni come Vida Mejor, i sindaci e i Comuni, la Polizia Nazionale, la Croce Rossa Honduregna e i residenti della comunità di San José de Colinas, di chiudere il ponte Jicatuyo, per controllare che non entri il virus nelle comunità. Continua a leggere

In pieno coronavirus, fame e povertà mietono vittime in Honduras

Radio Progreso :  condividiamo un intervento della giornalista honduregna Claudia Mendoza alla catena televisiva Univision. Così vive la gente povera la quarantena in Honduras. 

https://www.univision.com/noticias/america-latina/en-medio-del-coronavuris-el-hambre-y-la-pobreza-cobraron-rostro-en-honduras

Claudia Mendoza – 29 marzo 2020  

Migliaia di honduregni si trovano di fronte a un dilemma: lottare contro il contagio del coronavirus o contro la fame. Attualmente ammontano già a 110 i casi di covid-19, più 3 morti, e sono state prese misure che confinano la popolazione a casa propria. Ciononostante, centinaia di persone sono scese per le strade a protestare, affinché il governo fornisca alimenti alle famiglie, perché non hanno da mangiare. 

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Il saccheggio estrattivo potrà continuare in Honduras in tempi di quarantena

30 marzo 2020 –  MADJ (Movimento Ampio per la Dignità e la Giustizia)

https://madj.org/index.php/2020/03/30/el-saqueo-extractivo-podra-continuar-en-tiempos-de-cuarentena-en-honduras/

In tempi di quarantena, il saccheggio e consegna del territorio honduregno non si fermerà, perché il Governo di Juan Orlando Hernández sta garantendo che l’emissione dei permessi non venga sospesa. Anzi, ha messo a disposizione degli “sviluppatori di progetti” una piattaforma virtuale per avviare l’iter delle concessioni ambientali e relative operazioni, onde evitare che questo business si arresti. 

Nel comunicato emesso dal Governo della Repubblica dell’Honduras attraverso la Segretaria delle Risorse Naturali, “Il Mio Ambiente”, in collaborazione con gli sforzi realizzati dal Governo Digitale dell’Honduras si espone che, “allo scopo di promuovere l’investimento nel Paese e continuare col processo di regolarizzazione ambientale, gli sviluppatori di progetti potranno presentare le loro richieste di licenze ambientali on-line, allegando la documentazione tecnica legale corrispondente attraverso la pagina web: miambiente.prohonduras.hn. 

Inoltre il Governo, per facilitare la consegna del territorio, comunica agli sviluppatori di progetti che dopo la data di dichiarazione ufficiale di fine della quarantena, avranno 60 giorni per presentare la documentazione in formato cartaceo o altro, usufruendo già dell’avanzato procedimento on-line. 

Per conformarsi all’asservimento verso gli impresari estrattivi, il governo honduregno permetterà loro di continuare ad operare con la licenza ambientale scaduta, potendone sollecitare il rinnovo durante i 60 giorni successivi alla dichiarazione ufficiale di fine della quarantena.  

Nel comunicato si afferma anche che “i Titolari di Progetti, Opere o Attività che attualmente dispongano di una Licenza Ambientale Operativa e in corso di ottenimento di quella definitiva: potranno con la suddetta licenza proseguire nell’attuazione dei progetti mentre è in corso lo Stato di Emergenza Nazionale.”  

Il governo dell’Honduras attraverso la Segreteria delle Risorse Naturali ed Ambienti afferma che i Titolari di Progetti, Opere o Attività che siano obbligati durante lo Stato di Emergenza Nazionale a presentare Relazioni di Attuazione di Misure di Controllo Ambientale (ICMA´S), pagamenti per le concessioni, multe ed ispezioni, potranno realizzare tutto quanto nel periodo dei 60 giorni successivi alla data di dichiarazione ufficiale di fine dell’attuale Emergenza.  

Con queste misure il governo di Juan Orlando Hernández assicura il mantenimento della sua politica di concessione del territorio honduregno, mentre oltre il 65% della popolazione vive in povertà e cerca il modo per affrontare il virus COVID19 e, contemporaneamente, il peggior virus che ha attaccato l’Honduras: la narcodittatura. 

 

Traduzione di Adelina Bottero

Honduras: Guapinol resiste all’assalto estrattivista

Cresce l’indignazione per la criminalizzazione della lotta in difesa dei beni comuni nell’Aguán  

6 marzo 2020  –  Giorgio Trucchi  LINyM 

Sono otto i difensori dei beni comuni della comunità di Guapinol, situata nel nordest dell’Honduras, ancora incarcerarti – sette a Olanchito ed uno a La Ceiba – per aver difeso il territorio ed i fiumi che scendono dal Parco Nazionale Montaña di Botaderos, la cui “zona nucleo”(*) è minacciata dall’impresa mineraria Los Pinares

L’impresa, presumibilmente a partecipazione anche straniera, è proprietà di Lenir Pérez, già coinvolto in passato in altri conflitti minerari, e di Ana Facussé, figlia del tristemente famoso proprietario terriero della palma Miguel Facussé Barjum

Il nome di Facussé ha avuto a che fare in passato col grave conflitto agrario nel Basso Aguán e con la spoliazione territoriale nella penisola di Zacate Grande.  

Jeremías Martínez Díaz, Porfirio Sorto Cedillo, José Abelino Cedillo, Kelvin Alejandro Romero, Arnold Javier Alemàn, Ever Alexander Cedillo, Orbin Nahún Hernández e Daniel Márquez vengono accusati di vari reati, tra cui: associazione illecita, occupazione illegale di spazio pubblico, furto, privazione della libertà, incendio aggravato, usurpazione e danni. 

Essi fanno parte di un gruppo di 32 persone che hanno ricevuto ingiunzioni fiscali e contro le quali è stato emesso ordine di cattura. 

“In questa zona sgorgano circa 34 sorgenti d’acqua che riforniscono città e comunità. Specialmente i fiumi Guapinol e San Pedro sono quelli che stanno subendo gli impatti principali. Continua a leggere

Covid-19: destino o capitalismo?

Col passare dei giorni aumentano i Paesi e le popolazioni contagiate dalla pandemia di Covid-19. Ad eccezione di alcuni casi, i governi delle nazioni colpite hanno imposto misure drastiche per rallentare almeno la diffusione del coronavirus. Misure che spesso si scontrano con i diritti fondamentali dei cittadini. Proteggono le frontiere interne ed esterne, militarizzano città e territori, decretano stato d’emergenza e coprifuoco, cercando così di alleviare le debolezze e i fallimenti cronici di un sistema sanitario vittima sacrificale di un modello economico neoliberale privatizzatore, individualista e acaparratore.

Eugenio Sosa è sociologo e professore presso l’Unah, Università nazionale autonoma dell’Honduras. Secondo lui, la situazione verificatasi in diverse nazioni europee e il terrore che si è impossessato della popolazione, ha indotto paesi come l’Honduras a radicalizzare le misure per affrontare la pandemia di Coronavirus. Tuttavia, gli alti tassi di disuguaglianza che esistono nella stragrande maggioranza dei paesi dell’America latina hanno un impatto molto diverso sulla popolazione.

Coloro che soffrono maggiormente  queste misure draconiane sono le fasce più fragili della popolazione, i cui diritti sono stati ridotti anno dopo anno, legge dopo legge, misura economica dopo misura economica. Ora, come per magia, per milioni di senzatetto ed esclusi anche la stessa sopravvivenza è in pericolo.

“L’Honduras è uno dei paesi di maggiore disuguaglianza, miseria ed esclusione del continente latinoamericano. Quando il governo decreta la quarantena totale ed il coprifuoco, la stragrande maggioranza della popolazione rimane senza protezioni. Sono tutte quelle famiglie che sopravvivono  con l’economia informale, il lavoro precario, che riescono a malapena a garantirsi il sostentamento quotidiano.  LEGGI TUTTO>>>

Berta Cáceres, la voce del Copinh a quattro anni dal suo assassinio

9 Marzo, 2020 – dal portale Nuova Ecologia

di Loredana Menghi

In occasione delle celebrazioni in memoria dell’attivista ambientale, simbolo della lotta per i diritti dei popoli indigeni in Honduras, l’organizzazione da lei co-fondata, denuncia l’impunità dei mandanti e continua a chiedere giustizia  Una manifestazione per chiedere giustizia per l'omicidio di Berta Caceres

È stato dedicato all’acqua e ai popoli che si battono per le risorse idriche e i beni comuni il quarto anniversario dell’assassinio di Berta Cáceres Flores, l’ambientalista e co-fondatrice del Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh). La notte fra il 2 e del 3 marzo 2016 la leader indigena lenca, una delle etnie più antiche del Centro-America, è stata uccisa da un gruppo armato per le sue battaglie in difesa del fiume Galquarque, che scorre nei territori ancestrali della comunità di Rio Blanco, nel dipartimento di Intibucà a Nord Ovest dell’Honduras. La coordinatrice del Copinh aveva guidato una strenua mobilitazione, riuscendo a bloccare la costruzione dell’impianto idroelettrico Agua Zarca, dato in concessione all’azienda Desarrollos Energéticos SA (Desa). Per farlo, si è era appellata alla Convenzione Ilo 169, che sancisce il diritto all’auto-determinazione dei popoli indigeni, obbligando il braccio privato della Banca mondiale (Ifc) e una delle imprese più grandi del mondo, la Sinohydro, a ritirarsi dal progetto. Una vittoria straordinaria, ma fatale, che le è valsa il prestigioso Premio Goldman per l’Ambiente 2015 e l’iscrizione nelle blacklist degli squadroni della morte.

“Pochi giorni dopo il suo assassinio, ci siamo mobilitati come membri del Copinh, familiari e organizzazioni per chiedere giustizia, sfidando l’impunità strutturale del Paese – ha reso noto il Copinh in un comunicato letto da Bertha Zúñiga Cáceres, figlia della leader indigena e nuova coordinatrice dell’organizzazione, nel corso delle celebrazioni che ne hanno commemorato la scomparsa (https://copinh.org/2020/03/territorios-libres-el-mayor-acto-de-justicia-para-berta-caceres/). “Grandi gli sforzi che hanno coinvolto le organizzazioni indigene impegnate a individuare la struttura criminale. Ma il grido di giustizia che si è levato in tutto il mondo ha permesso in questi quattro anni di perseguire i sette esecutori materiali e di avviare un processo contro David Castillo, l’autore intellettuale dell’omicidio”.

Tra i sicari condannati, figurano militari dei servizi segreti, membri delle Forze Armate honduregne ed ex dirigenti della Desarrollos Energéticos SA che, in base alla sentenza emanata lo scorso dicembre dal Tribunale di Tegucigalpa, hanno operato “con la conoscenza e il consenso dei dirigenti esecutivi dell’impresa”. Sono stati i tabulati delle chat esaminate dagli inquirenti a rivelare le intense fasi di pianificazione della rete criminale, che da tempo pedinava Berta Càceres e gli attivisti del Copinh e poteva contare sull’appoggio di poliziotti e membri delle Tigri, gruppo di forze speciali addestrate dagli Stati Uniti, incaricati di reprimere le proteste in prossimità del luogo dove avrebbe dovuto sorgere la diga. Eppure, come evidenzia l’inchiesta pubblicata dall’Intercept (https://theintercept.com/2019/12/21/al-interior-del-complot-para-asesinar-a-berta-caceres/) lo scorso dicembre, a parte il presidente esecutivo della società Roberto David Castillo Mejia, arrestato nel 2018, nessuno dei dirigenti d’azienda parte del gruppo WhatsApp “Seguridad Phaz (Proyecto hidroeleléctico agua zarca) è stato iscritto nel registro degli indagati. Gruppo, che includeva membri del direttivo appartenenti alla potente famiglia Atala Zablah, legata alla Banca Centro-Americana di integrazione economica (Bcie), tutt’ora azionista del progetto Agua Zarca (https://www.lanuovaecologia.it/sulla-nostra-pelle/).

“Questo crimine è stato pianificato dai proprietari della società ed è stato possibile solo grazie all’unione delle forze repressive dell’Honduras, responsabili della persecuzione politica, della sorveglianza e della criminalizzazione – hanno ribadito gli attivisti del Copinh – Abbiamo verificato il muro di impunità costruito per proteggere gli autori intellettuali, nonostante le prove a disposizione e denunciato lo Stato intenzionato a non perseguire i membri della famiglia d’imprenditori”.

Oltre ad aver lanciato gli hashtag #capturaAlosAtalaZablah e #JusticiaParaBerta, il Copinh ha diffuso una petizione online (http://www.puchica.org/petizione-online-giustizia-per-berta/) e ieri pomeriggio (dalle 17.00 alle 21.00 ora italiana) ha indetto un Tweet bomb indirizzato a @MP_Honduras, per chiedere alla giustizia honduregna di far luce sulla vicenda.

Fra le rivendicazioni portate avanti dall’organizzazione indigena, c’è inoltre la revoca alla concessione alla società Desa sul fiume Gualcarque, vista dalla Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) come la principale minaccia per la vita e l’integrità delle comunità del Copinh. E l’attuazione di un processo più ampio teso a proteggere il diritto al consenso previo, libero e informato dei popoli indigeni, a denunciare le violazioni nelle comunità e a costruire un paese demilitarizzato, più giusto, democratico e pacifico. “Un processo – ribadisce il Copinh – che va oltre la disputa legale e che è volto alla difesa dei territori minacciati da progetti idroelettrici, minerari, energetici, dalla privatizzazione di spiagge e dall’invasione dei territori indigeni, Garifuna e contadini”.

Memoria, arte e pretesa di giustizia per Berta Cáceres

di Matías Guffanti  Foto e Video

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A 4 anni dell’assassinio di Berta Cáceres, davanti alle porte dell’ambasciata dell’Honduras della città di Buenos Aires, in Argentina, si è tenuta una veglia intrisa di memoria, arte e pretesa di giustizia per la leader latinoamericana la cui morte ad oggi è ancora impunita. L’iniziativa è nata su proposta di suo figlio Salvador Zúñiga, in una notte ricca di emozioni e di lotta, insieme ad amici e organizzazioni sociali vicine a Cáceres che in ogni incontro e intervento hanno sottolineato l’impunità che circonda i vari mandanti, partecipanti esterni del crimine che fanno addirittura parte dello stesso Stato.
Con candele, grandi immagini, frasi profondamente sentite, attivismo, canti e la grande presenza di giovani di vari paesi dell’America dove Berta ha lasciato il seme della sua lotta, la sua gioia e la sua ribellione, la manifestazione ha avuto come protagonista l’arte. Il Movimento Culturale Internazionale Our Voice ha aderito facendo sentire attraverso la musica e la poesia il grido di speranza che c’è dietro ogni lotta e ogni ribellione, contro un sistema che continua a perseguitare coloro che hanno il coraggio di difendere la vita e la libertà.

QUI puoi vedere video, foto e tutto l’articolo

Territori liberi, il miglior atto di giustizia per Berta Cáceres.

A 4 anni dal vile assassinio di nostra sorella.

QUI l’originale in spagnolo

Oggi si compiono 4 anni dal vile delitto contro nostra sorella Berta Cáceres. Questo crimine fu pianificato dai padroni dell’impresa DESA costruttrice del Progetto Idroelettrico “Agua Zarca”, nella comunità Lenca di Rio Blanco e fu possibile solamente grazie al collegamento con le forze repressive dello Stato dell’Honduras, che parteciparono alla persecuzione politica, sorveglianza e criminalizzazione di Berta. 

Questo crimine rappresenta il piano per tentare di distruggere la lotta territoriale e volta ad organizzare la rifondazione dell’Honduras, capeggiata da Berta Cáceres, e per cercare di seminare la paura tra le attiviste e attivisti del Paese. Ciò nonostante la sua lotta non cessa di rigermogliare in migliaia di espressioni degne di resistenza del popolo honduregno.  

È dal giorno seguente al suo assassinio che ci siamo proposti come COPINH, familiari ed organizzazioni, di costruire la giustizia per lei, sfidando l’impunità strutturale del Paese, complice degli attacchi al popolo e della sua persecuzione politica. Questo processo ha cercato di sostenere una battaglia che andasse oltre la disputa legale, intensificando la lotta in difesa dei territori minacciati da progetti idroelettrici, minerari, di produzione energetica, privatizzatori delle spiagge ed invasori dei territori indigeni, garífunas e contadini. 

Grandi sforzi ha comportato alla nostra organizzazione indigena di base, lottare perché siano attribuite le responsabilità alle persone e alla struttura criminale che han commesso il delitto. Il ruggito mondiale di giustizia ha comunque permesso, a distanza di 4 anni, di ottenere il giudizio per 7 persone vincolate alla paternità materiale dell’assassinio e avviare un processo contro David Castillo, autore intellettuale. Malgrado ciò, il processo per riconoscere la responsabilità del presidente di DESA, il signor Castillo, è accompagnato da grande incertezza. Nonostante la quantità di prove, abbiamo dimostrato che un cerchio d’impunità si eleva per proteggere gli autori che hanno nel crimine le massime responsabilità. 

Pienamente abbiamo avvalorato e denunciamo che lo Stato dell’Honduras, repressore e violatore dei diritti umani, non vuole perseguire i membri della famiglia Atala Zablah: Daniel Atala Midence, Jacobo Atala Zablah, José Eduardo Atala Zablah e Pedro Atala Zablah, impresari responsabili delle decisioni relative all’assassinio di Berta Cáceres. 

È per questo motivo che nel processo di ricerca di giustizia, il COPINH e quanti siamo parte in causa, ci proponiamo un percorso di giustizia più vasto, che vada a proteggere direttamente il diritto dei popoli ad essere consultati in modo preventivo, libero ed informato; a indagare e denunciare le imprese che, come DESA, partecipano alla persecuzione e violazione dei diritti delle comunità; a costruire un Honduras di giustizia, democrazia e pace con smilitarizzazione. 

È un imperativo del COPINH e della lotta che va oltre le ragioni strutturali che causarono il delitto: il razzismo, il negato rispetto al diritto di consultazione delle comunità indigene e il mancato rispetto dell’autonomia dei popoli. 

Continueremo dunque a lottare per tutte le nostre giustizie, a partire dai nostri corpi e territori. Per la libertà, per il futuro che merita il popolo honduregno. 

Berta Vive, la lotta continua!

Acque Libere, Popoli Liberi!

Traduzione di Adelina Bottero

Causa Berta Cáceres: dicembre 2019-aggiornamenti e petizione online

A quasi 4 anni dall’omicidio di Berta, durante il mese di dicembre qualcosa si è mosso, piccoli passi verso la giustizia integrale? Condanne, anche se non esemplari, agli autori materiali e un’inchiesta che cita, con prove, nomi e cognomi dei mandanti, di coloro che hanno voluto la morte di Berta, organizzandola e pagando i sicari; nomi tra l’altro sempre presenti nelle denunce del COPINH sin dai primi giorni. Condividiamo la traduzione dell’inchiesta, la copertura mediatica in Italia e la traduzione della petizione lanciata da diverse organizzazioni dei diritti umani internazionali dove si esige che anche gli autori intellettuali vengano indagati e castigati.   


                           

L’omicidio di Berta Cáceres in Honduras e il ruolo dei vertici della società interessata al progetto “Agua Zarca” di Luca Martinelli

L’omicidio di Berta Cáceres, la leader indigena del COPINH, in Honduras è stato pianificato dai vertici di DESA. A 45 mesi dalla morte della donna, assassinata da sicari a colpi d’arma da fuoco nella notte tra il 2 e il 3 marzo del 2016, nella sua casa della cittadina de La Esperanza, nel dipartimento di Intibucà, è un’inchiesta dell’Intercept a ricostruire i meccanismi di comunicazione dietro la costruzione del delitto. È stata scritta dalle giornaliste Danielle Mackey e Chiara Eisner, che chiamano in causa i vertici di DESA, la società interessata alla costruzione del progetto idroelettrico Agua Zarca, un’infrastruttura che andrebbe a stravolgere il rio Gualquarque, e la vita della comunità indigene di etnica lenca affiliate al COPINH e che vivono intorno alle sue rive.   LEGGI TUTTO>>>


Traduzione dell’inchiesta dell’Intercept : ALL’INTERNO DEL COMPLOTTO PER ASSASSINARE BERTA CÁCERES


L’organizzazione di Berta, il COPINH, dal primo momento ha denunciato la responsabilità di una struttura criminale che è parte dell’impresa e dei suoi dirigenti, per questo organizzazioni dei Diritti Umani invitano ad aderire ad una petizione, che verrà presentata alle autorità competenti, dove si esige che si proceda nell’indagine, sentenza e sanzione degli autori intellettuali, che purtroppo ad oggi e nonostante le prove sono ancora liberamente impuni.    CLICK QUI Per aderire alla petizione GIUSTIZIA PER BERTA (in italiano)


 Il 2 dicembre, inoltre, sono state quantificate le condanne agli autori materiali dell’omicidio di Berta: 

Sentenza Berta Cáceres: un primo passo sulla strada della giustizia

Honduras, condannati a 50 anni gli assassini di Berta Cáceres. Ma non basta!

Omicidio di Berta Caceres: condanna a 50 anni per 7 persone. Ma i mandanti sono impuniti

Honduras, mezzo secolo di carcere per gli assassini di Berta Cáceres. Ora i mandanti

Gustavo Castro: l’impunità per l’omicidio di Berta continua

Berta Caceres, condannati gli assassini. Forse per l’Honduras è finita l’epoca dell’impunità

 

 

Aggiornamento sulla causa Berta Cáceres

La Causa Berta Cáceres è un appello alla giustizia dei popoli indigeni, delle donne honduregne che lottano. È dare un nuovo significato alla vita, al pensiero e azione della compagna all’interno della lotta storica del popolo honduregno. Rappresenta un’intenzione di molte organizzazioni, popoli e persone del mondo che trovano nella lotta di Berta un riflesso dell’enorme criminalità che ogni giorno dilaga e alla necessità di rafforzare la speranza, usando qui le sue parole come motto.

A 42 mesi dal suo omicidio, i mandanti del crimine non sono stati indagati né chiamati a giudizio. Sono passati più di 3 anni e il processo a David Castillo Mejía, che ha avuto il ruolo di collegamento fra la struttura dei sicari e i mandanti del crimine, continua ad essere detenuto ad un anno e mezzo dalla sua cattura e a 6 mesi dallo scadere della sua preventiva.

Il 2 marzo del 2018 è avvenuta la cattura di David Castillo, membro della giunta direttiva e amministratore generale di DESA nonché unico mandante detenuto per l’assassinio di Berta Caceres. Un anno dopo, nel marzo del 2019, la UFECIC (Unità giudiziaria speciale contro l’impunità e la corruzione) e la MACCIH (Missione di Appoggio contro la Corruzione e l’Impunità in Honduras), hanno emesso un’istanza giudiziale a 16 funzionari pubblici per i delitti commessi nella concessione ambientale data a DESA per imporre il progetto Idroelettrico Agua Zarca.

La settimana scorsa, la corte d’appello ha revocato la decisione della giudice sul fatto che il COPINH prenda parte al processo come vittima del caso, come avvenuto lo scorso anno durante il processo agli esecutori materiali, la famiglia e le comunità organizzate nel COPINH sono state escluse anche dal processo legale per frode sul fiume Gualcarque, fiume sacro che è stato difeso dagli artigli di Synohidro e di DESA, il fiume per il quale è stata uccisa Berta.

In questo caso David Castillo è stato imputato di frode, negoziazioni incompatibili con le sue funzioni, e uso di documenti falsi. Ad aprile 2019 si è tenuta l’udienza preliminare contro di lui per l’omicidio della nostra compagna. In questa udienza la difesa di David Castillo ha presentato una nuova perizia che tenta di svincolarlo dal crimine, la prova è stata presentata in maniera irregolare, ciò ha comportato la sospensione dell’udienza che, fino ad oggi non è stata ripresa e il processo continua ad essere posticipato.

Oltre a questo, la difesa di David Castillo e di DESA, con appoggio dei mezzi di comunicazione impresariali, ha montato una campagna che cerca di vittimizzare David Castillo e delegittimare il processo contro di lui, mettendo in discussione le prove che lo collegano con l’omicidio e cercando di giustificare la sua innocenza con una narrazione assolutamente perversa e vittimizzante.

Queste manovre della difesa di Castillo, sia mediatiche che giuridiche, cercano solo di trovare un modo per garantire l’impunità a David Castillo, e negano il giusto processo, il diritto delle vittime, il diritto di difesa e tutti i principi necessari per portare a compimento la ricerca della verità e della giustizia nella causa Berta Cáceres.

Di fronte a tutto questo, riconosciute organizzazioni di diritti umani hanno presentato un dossier negli Stati Uniti con informazioni che lo collegano ad azioni di corruzione, violazione dei diritti umani e violenza sistematica per imporre progetti estrattivi a beneficio delle imprese a cui era associato. A loro volta, le figlie e il figlio di Berta Cáceres, presentano una richiesta d’informazioni ad una banca del Mississippi, per l’acquisto di una lussuosa casa in Texas, a Houston negli Stati Uniti, 8 mesi dopo l’assassinio della nostra compagna.

I nostri passi nel cammino della giustizia

Per ottenere verità e giustizia integrale in questa causa, esigiamo che si realizzi il dovuto processo legale che porti David Castillo ad un giudizio orale e pubblico e che s’indaghino, si giudichino e sanzionino, in maniera diligente, tutte le persone responsabili dell’omicidio di Berta e di tutte le aggressioni sistematiche perpetrate contro il COPINH, includendo sia David Castillo sia la famiglia Atala Zablah, la banca Olandese di Sviluppo (FMO), funzionari statali, membri delle forze armate, finanziatori ed altro.

Inoltre, la concessione del fiume Gualcarque, che continua a rappresentare una fonte di rischio per le comunità Lenca, e che fino ad oggi continua a generare attacchi severi a queste comunità, deve essere cancellata immediatamente.

Infine, è urgente che s’inizi un processo di riparazione per il COPINH per tutto il danno causato e che si riconosca il ruolo importante che ha portato avanti nella difesa in prima fila della terra e dei diritti dei popoli indigeni.

Tegucigalpa, Honduras, agosto, 2019

COPINH

https://copinh.org/2019/09/actualizacion-causa-berta-caceres/

“Il modello Honduras”, viaggio nel paese esempio di estrattivismo

Fuori dalle rotte turistiche tradizionali, l’Honduras è un paese che condensa in sé molti tratti problematici della America Latina: la migrazione, la violenza politica, l’estrattivismo, fino ad essere esempio per i peggiori regimi

Quando ho dovuto decidere la meta delle ferie di quest’anno, ho pensato all’Honduras quasi andando per esclusione. Volevo tornare in America Centrale, dopo il Guatemala l’estate scorsa, ma in Nicaragua da più di un anno tira una gran brutta aria. Costa Rica e Panama mi sono sempre sembrate parchi giochi per gringos, almeno dai racconti di altri viaggiatori. L’Honduras, invece, è venuto spesso fuori parlando con compagni latinoamericani, con commenti che potevo comprendere solo parzialmente «eh ma la violenza politica che c’è in Honduras non c’è da nessun altra parte», «Beh, in quanto a estrattivismo l’Honduras è proprio emblematico», «Se andiamo avanti così facciamo la fine dell’Honduras». Ho pensato che valesse la pena capirci qualcosa di più.

Non aveva (inevitabilmente) il fascino dei paesi dove c’è stata una guerriglia importante o una rivoluzione (come Guatemala, Nicaragua, El Salvador, Colombia). Anzi, la famigerata Contras finanziata dagli USA che ha distrutto la rivoluzione nicaraguense aveva la sua base proprio in Honduras. Magari, però, accade qualcosa di così “forte” che in Europa non riusciamo a vedere. Almeno così mi sono detto.

L’Honduras è diventato recentemente famoso per Berta Cáceres, attivista ambientale conosciuta anche a livello internazionale, brutalmente assassinata nel marzo 2016 per la sua strenua opposizione alla costruzione di una diga in territorio indigeno. Il caso di Berta, però, è stato solo il più famoso di una lunga serie di attivisti ambientali assassinati per il loro lavoro nel paese. L’Ong Global Witness nel 2017 ha definito l’Honduras «il paese al mondo più pericoloso dove difendere l’ambiente» e ha prodotto un report specifico che spiega, con analisi ed esempi, la ragione di questo triste primato.     continua a leggere>>>