Aggiornamento sulla causa Berta Cáceres

La Causa Berta Cáceres è un appello alla giustizia dei popoli indigeni, delle donne honduregne che lottano. È dare un nuovo significato alla vita, al pensiero e azione della compagna all’interno della lotta storica del popolo honduregno. Rappresenta un’intenzione di molte organizzazioni, popoli e persone del mondo che trovano nella lotta di Berta un riflesso dell’enorme criminalità che ogni giorno dilaga e alla necessità di rafforzare la speranza, usando qui le sue parole come motto.

A 42 mesi dal suo omicidio, i mandanti del crimine non sono stati indagati né chiamati a giudizio. Sono passati più di 3 anni e il processo a David Castillo Mejía, che ha avuto il ruolo di collegamento fra la struttura dei sicari e i mandanti del crimine, continua ad essere detenuto ad un anno e mezzo dalla sua cattura e a 6 mesi dallo scadere della sua preventiva.

Il 2 marzo del 2018 è avvenuta la cattura di David Castillo, membro della giunta direttiva e amministratore generale di DESA nonché unico mandante detenuto per l’assassinio di Berta Caceres. Un anno dopo, nel marzo del 2019, la UFECIC (Unità giudiziaria speciale contro l’impunità e la corruzione) e la MACCIH (Missione di Appoggio contro la Corruzione e l’Impunità in Honduras), hanno emesso un’istanza giudiziale a 16 funzionari pubblici per i delitti commessi nella concessione ambientale data a DESA per imporre il progetto Idroelettrico Agua Zarca.

La settimana scorsa, la corte d’appello ha revocato la decisione della giudice sul fatto che il COPINH prenda parte al processo come vittima del caso, come avvenuto lo scorso anno durante il processo agli esecutori materiali, la famiglia e le comunità organizzate nel COPINH sono state escluse anche dal processo legale per frode sul fiume Gualcarque, fiume sacro che è stato difeso dagli artigli di Synohidro e di DESA, il fiume per il quale è stata uccisa Berta.

In questo caso David Castillo è stato imputato di frode, negoziazioni incompatibili con le sue funzioni, e uso di documenti falsi. Ad aprile 2019 si è tenuta l’udienza preliminare contro di lui per l’omicidio della nostra compagna. In questa udienza la difesa di David Castillo ha presentato una nuova perizia che tenta di svincolarlo dal crimine, la prova è stata presentata in maniera irregolare, ciò ha comportato la sospensione dell’udienza che, fino ad oggi non è stata ripresa e il processo continua ad essere posticipato.

Oltre a questo, la difesa di David Castillo e di DESA, con appoggio dei mezzi di comunicazione impresariali, ha montato una campagna che cerca di vittimizzare David Castillo e delegittimare il processo contro di lui, mettendo in discussione le prove che lo collegano con l’omicidio e cercando di giustificare la sua innocenza con una narrazione assolutamente perversa e vittimizzante.

Queste manovre della difesa di Castillo, sia mediatiche che giuridiche, cercano solo di trovare un modo per garantire l’impunità a David Castillo, e negano il giusto processo, il diritto delle vittime, il diritto di difesa e tutti i principi necessari per portare a compimento la ricerca della verità e della giustizia nella causa Berta Cáceres.

Di fronte a tutto questo, riconosciute organizzazioni di diritti umani hanno presentato un dossier negli Stati Uniti con informazioni che lo collegano ad azioni di corruzione, violazione dei diritti umani e violenza sistematica per imporre progetti estrattivi a beneficio delle imprese a cui era associato. A loro volta, le figlie e il figlio di Berta Cáceres, presentano una richiesta d’informazioni ad una banca del Mississippi, per l’acquisto di una lussuosa casa in Texas, a Houston negli Stati Uniti, 8 mesi dopo l’assassinio della nostra compagna.

I nostri passi nel cammino della giustizia

Per ottenere verità e giustizia integrale in questa causa, esigiamo che si realizzi il dovuto processo legale che porti David Castillo ad un giudizio orale e pubblico e che s’indaghino, si giudichino e sanzionino, in maniera diligente, tutte le persone responsabili dell’omicidio di Berta e di tutte le aggressioni sistematiche perpetrate contro il COPINH, includendo sia David Castillo sia la famiglia Atala Zablah, la banca Olandese di Sviluppo (FMO), funzionari statali, membri delle forze armate, finanziatori ed altro.

Inoltre, la concessione del fiume Gualcarque, che continua a rappresentare una fonte di rischio per le comunità Lenca, e che fino ad oggi continua a generare attacchi severi a queste comunità, deve essere cancellata immediatamente.

Infine, è urgente che s’inizi un processo di riparazione per il COPINH per tutto il danno causato e che si riconosca il ruolo importante che ha portato avanti nella difesa in prima fila della terra e dei diritti dei popoli indigeni.

Tegucigalpa, Honduras, agosto, 2019

COPINH

https://copinh.org/2019/09/actualizacion-causa-berta-caceres/

“Il modello Honduras”, viaggio nel paese esempio di estrattivismo

Fuori dalle rotte turistiche tradizionali, l’Honduras è un paese che condensa in sé molti tratti problematici della America Latina: la migrazione, la violenza politica, l’estrattivismo, fino ad essere esempio per i peggiori regimi

Quando ho dovuto decidere la meta delle ferie di quest’anno, ho pensato all’Honduras quasi andando per esclusione. Volevo tornare in America Centrale, dopo il Guatemala l’estate scorsa, ma in Nicaragua da più di un anno tira una gran brutta aria. Costa Rica e Panama mi sono sempre sembrate parchi giochi per gringos, almeno dai racconti di altri viaggiatori. L’Honduras, invece, è venuto spesso fuori parlando con compagni latinoamericani, con commenti che potevo comprendere solo parzialmente «eh ma la violenza politica che c’è in Honduras non c’è da nessun altra parte», «Beh, in quanto a estrattivismo l’Honduras è proprio emblematico», «Se andiamo avanti così facciamo la fine dell’Honduras». Ho pensato che valesse la pena capirci qualcosa di più.

Non aveva (inevitabilmente) il fascino dei paesi dove c’è stata una guerriglia importante o una rivoluzione (come Guatemala, Nicaragua, El Salvador, Colombia). Anzi, la famigerata Contras finanziata dagli USA che ha distrutto la rivoluzione nicaraguense aveva la sua base proprio in Honduras. Magari, però, accade qualcosa di così “forte” che in Europa non riusciamo a vedere. Almeno così mi sono detto.

L’Honduras è diventato recentemente famoso per Berta Cáceres, attivista ambientale conosciuta anche a livello internazionale, brutalmente assassinata nel marzo 2016 per la sua strenua opposizione alla costruzione di una diga in territorio indigeno. Il caso di Berta, però, è stato solo il più famoso di una lunga serie di attivisti ambientali assassinati per il loro lavoro nel paese. L’Ong Global Witness nel 2017 ha definito l’Honduras «il paese al mondo più pericoloso dove difendere l’ambiente» e ha prodotto un report specifico che spiega, con analisi ed esempi, la ragione di questo triste primato.     continua a leggere>>>

Le rivoluzioni di Berta

Un libro sul Copinh, su Berta e sull’esigenza di giustizia

Claudia Korol (Foto G. Trucchi | Rel-UITA)

La Esperanza (21 marzo) -. Il terzo anniversario della siembra di Berta Cáceres e il Centro di incontri e amicizia “Utopia” del Copinh sono stati lo scenario ideale per la presentazione in Honduras del libro “Las Revoluciones de Berta”. La Rel ha intervistato in esclusiva l’autrice Claudia Korol, attivista femminista, scrittrice e amica di Berta.

– Come nasce l’idea di questo libro?

– È una cosa di cui avevo parlato con Berta. Avevamo deciso di raccontare la storia del Copinh [1] attraverso i suoi occhi, il suo vissuto, affinché non fosse solamente un dialogo o un’intervista; lei è stata una delle menti politiche più fervide e multidimensionali del continente latinoamericano.

Avevamo registrato delle cose, le avevamo messe per iscritto, corrette, però i tempi si stavano allungando. Berta era sempre impegnata in mille cose, mille attività, era sempre ‘en revolución’.               

Dopo il suo omicidio mi è costato molto capire in che modo si potesse portare avanti il progetto. Inoltre non era facile per me rivedere le cose che avevamo scritto insieme, ascoltare la sua voce nelle registrazioni. Continua a leggere

La battaglia del popolo Lenca

L’Honduras, come altri Paesi centro e sudamericani, sta facendo i conti con la depredazione del territorio e c’è chi combatte e… muore

QUI IL VIDEO DELL’INTERVISTA

L’Honduras è un paese pericoloso per i militanti ambientalisti che lottano per mantenere e preservare la loro terra dallo sfruttamento minerario, idroelettrico e dall’ agricoltura estensiva.

Berta Cáceres, assassinata il 2 Marzo 2016 è diventata un simbolo delle lotte sociali nel paese, un esempio di coraggio e determinazione per le comunità indigene e per tutti quelli che lottano per cambiare il Paese. Si è battuta per un decennio con il popolo Lenca contro la costruzione della diga di Agua Zarca sul fiume sacro Gualcarque. L’impresa concessionaria Desa è responsabile, secondo le figlie, dell’assassinio della madre e di altri membri del Copinh (Consiglio delle organizzazioni popolari indigene dell’Honduras).

Abbiamo incontrato a Milano le figlie di Berta – Laura e Bertha Zuniga Cáceres – durante una delle tappe del viaggio in Italia intrapreso per sensibilizzare sulle difficoltà del popolo Lenca e di tutto l’Honduras. Un’occasione per sapere, a tre anni dalla sua morte, se Berta Cáceres avrà giustizia.

Anna Gregnanin – Mauro Consilvio

Un attivista per l’ambiente assassinato in Honduras. Ma nessuno ne parla

Siamo sicuri che la difesa dei diritti umani sia cosa tanto distante dalla difesa della salute del pianeta in quei Paesi in cui il capitalismo sfrenato detta legge e distrugge il territorio in nome del profitto?

Roberto Antonio Argueta, attivista per l’ambiente, assassinato in Honduras

Una nuova morte sconvolge il mondo dell’ambientalismo e, se ci pensate bene, sconvolge un po’ tutti noi con la consapevolezza sempre maggiore che la difesa del pianeta stia diventando qualcosa di grosso, complicato e pericoloso.

Roberto Antonio Argueta è stato ucciso con alcuni colpi di arma da fuoco lo scorso mercoledì in Honduras, nella regione di Aguan, a circa 300 chilometri dalla capitale Tegucigalpa. Era residente nel comune di Cieibita di Rocoa e insieme a ad altre trentuno persone era stato messo sotto accusa per avere difeso i fiumi San Pedro e Guapinol nella zona di Colon dalla costruzione di una grossa diga che, secondo gli attivisti, avrebbe fatto scempio della natura locale.

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Sulla nostra pelle

Loredana Menghi:    A giugno le figlie di Berta Cáceres sono tornate  in Italia. È stata l’occasione per parlare con loro del processo per l’omicidio dell’attivista indigena, della situazione in Honduras a dieci anni dal golpe e di energie rinnovabili 

Bertha Caceres

“Sveglia umanità il tempo è finito!”. A pronunciare queste parole non è stata Greta Thunberg, la giovane attivista capofila del movimento “Friday for future”. Né gli scienziati dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico), secondo i quali restano solo dodici anni per fermare il riscaldamento globale. A pronunciarle, pochi mesi prima del suo omicidio, è stata la leader indigena Berta Cacères, coordinatrice del Copinh, il Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras, quando nel 2015 è stata insignita con il Premio Goldman. Un riconoscimento prestigioso, assegnato agli attivisti impegnati nella tutela dei beni comuni, arrivato dopo una complessa battaglia legale in difesa del Rio Gualquarque. Un fiume sacro per la comunità Lenca di Rio Blanco, che attraversa le foreste ancestrali fra le montagne di Intibucà, 300 km a nordovest dalla capitale Tegugicalpa.

Nonostante le minacce Berta Cacères ha portato il caso alla Corte interamericana dei diritti umani. Ha fermato la costruzione della diga Agua Zarca, data in concessione all’azienda Desarrollos energéticos sa (Desa). E costretto il braccio privato di Banca mondiale (Ifc) e una delle imprese più grandi del mondo, la Sinohydro, a ritirarsi dal progetto. Un successo che ha segnato la sua condanna a morte: l’attivista indigena è stata uccisa la notte fra il 2 e il 3 marzo del 2016 a colpi di arma da fuoco nella sua casa a La Esperanza, in uno dei Paesi più violenti al mondo per gli attivisti ambientali, come non smette di ricordare nei suoi rapporti annuali l’ong Global Witness. A tre anni dalla sua morte sono sette i condannati come autori materiali e intermediari del delitto. Fra questi, ex dirigenti della Desa, militari legati ai servizi segreti e membri dell’esercito dell’Honduras in pensione.  

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Mobilitazione delle ‘mujeres luchadoras’ dell’Honduras

Dichiarano stato di massima allerta (+foto)

Giorgio Trucchi

Manifestazione davanti alla Corte Suprema di Giustizia (Foto G. Trucchi | LINyM)

Donne provenienti da varie regioni e territori e che fanno parte dell’Assemblea delle ‘mujeres luchadoras”[1] dell’Honduras, si sono riunite lo scorso 21 agosto di fronte alla Corte suprema di giustizia per denunciare il saccheggio sistematico di territori e beni comuni, la criminalizzazione della protesta, la persecuzione giudiziaria contro attivisti dei diritti umani, la militarizzazione dei territori, il razzismo e la violenza contro le donne.

Il 28 giugno, a dieci anni dal colpo di Stato che cambiò la storia dell’Honduras, più di 1.200 donne e circa 350 bambini e bambine appartenenti a sei popoli originari si sono riunite nel territorio garifuna di Vallecito per rafforzare la propria memoria storica e per riflettere, articolare lotte e lanciare un grido contro la violenza strutturale che le opprime.

 
GALLERIA DI FOTO QUI >>> LINyM

“Contro estrattivismo e repressione, la lotta è indigena e globale”

TUTTA LA NOSTRA SOLIDARIETÁ A LOLITA CHAVEZ!!!


Guatemala. Intervista all’attivista guatemalteca Lolita Chávez, portavoce del popolo Maya Ki’che: «Multinazionali difese da esercito e gang. La cosmovisione Maya Ki’che è anti-capitalista e anti-patriarcale. Non è compatibile con i modelli di sviluppo dominanti»

di Susanna De Guio e Gianpa L.

da Il Manifesto

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Per comprendere il contesto in cui si muove la società guatemalteca alla vigilia della seconda tornata elettorale, il prossimo 11 di agosto, è necessario ampliare lo sguardo ben oltre il meccanismo parlamentare e riconoscere che i processi di trasformazione della realtà politica e sociale in Guatemala avvengono altrove, nel lavoro quotidiano delle organizzazioni indigene e contadine, dei coordinamenti in difesa dei diritti umani, che si battono contro l’estrattivismo, proteggono il territorio e rivendicano il riconoscimento e il rispetto delle popolazioni indigene che costituiscono la maggioranza del paese, in un contesto di violenza politica allarmante, che non entra nell’agenda dei candidati al governo.

Nella storia di Aura Lolita Chávez Ixcaquic, portavoce del Consiglio delle Popolazioni Ki’che (CPK), si riflette la realtà di numerose leader indigene che ogni anno vengono assassinate e perseguitate per il loro impegno politico.

Dedicare la sua vita alla difesa del territorio e la comunità a cui appartiene ha significato per Lolita Chávez affrontare nel tempo una crescente minaccia alla sua incolumità fisica. In sei occasioni distinte ha subito attentati destinati a ucciderla, è scampata alle pallottole quando hanno sparato al suo mezzo di trasporto o all’attacco della sua delegazione con machete, coltelli e bastoni. Rappresentante del “Consiglio dei Popoli Ki’ches, in difesa della vita, della natura, della madre terra e del territorio”, Lolita è uno dei volti noti dell’organo di autogoverno che le comunità del millenario popolo Maya Ki’che si sono date  per frenare lo sfruttamento del suolo da parte di diverse imprese transnazionali.

Lolita ha ottenuto la protezione della Commissione Interamericana dei Diritti Umani e attualmente sta vivendo in Europa, dove continua il suo incessante lavoro di portavoce che, negli ultimi mesi, l’ha portata in diverse città italiane, per condividere le ragioni del conflitto che coinvolge il suo popolo e tessere relazioni con altre comunità in lotta.

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Edwin e Raul sono LIBERI!

Edwin e Raul sono stati scarcerati e potranno difendersi in libertá!!! Rimangono in carcere Ronmell e Gustavo per cui continua la campagna per la liberazione di tutti i progionieri politici in Honduras!!!

Ore convulse in Honduras di G. Trucchi

Lo scorso 5 agosto, i detenuti politici Edwin Espinal, Raúl Álvarez e Rommel Herrera, reclusi nel carcere di massima sicurezza “La Tolva”, hanno reso pubblica la decisione di iniziare uno sciopero della fame indefinito, nella speranza di attirare l’attenzione sulla grave situazione di insicurezza e insalubrità in carcere e sul silenzio complice delle autorità. Di fronte ai locali della Procura a Tegucigalpa e nella piazza centrale di El Progreso, i famigliari dei tre detenuti politici, più quelli di un quarto giovane (Gustavo Cáceres), insieme ad attivisti del Comitato per la liberazione dei prigionieri politici, hanno iniziato un digiuno in solidarietà con i quattro detenuti. 

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LA VITA PRIMA DEI PROFITTI! Azioni contro Benetton a Treviso e Venezia

14 agosto 2019   Treviso

EVENTO IN FB (con foto, video ed altro)

LA VITA PRIMA DEI PROFITTI!
Presidio contro Benetton ad un anno dal crollo del Ponte Morandi

Tutte e tutti davanti alla sede di Edizione srl, la holding della famiglia Benetton, per far sentire la nostra voce: VOGLIAMO GIUSTIZIA!

GUARDA IL VIDEO/CONVOCATORIA NOI NON RIMANIAMO IN SILENZIO !

ALTRE FOTO DELL’AZIONE

“Benetton devasta e saccheggia”, “Verità e giustizia per la strage di Genova”. A Treviso, sotto la sede di Edizione, la holding della famiglia Benetton, un gruppo di manifestanti ha organizzato un presidio di protesta a un anno dalla tragedia del Ponte Morandi. Le persone, riunite sotto le sigle del Comitato No Terza Corsia A13 Padova-Monselice, Potere al popolo, Cucina Brigante, Rete internazionale in difesa del popolo Mapuche, hanno citato, al di là del viadotto crollato nel capoluogo ligure, “il decentramento produttivo in Bangladesh e nei Paesi dell’Est, gli espropri delle terre dei Mapuche in Argentina”.

Guarda il video –>> Ponte Morandi, protesta a Treviso davanti alla sede della famiglia Benetton: “Assassini”

Leggi anche –>> Ponte Morandi, un anno dopo: presidio a Treviso contro Benetton


15 agosto, Venezia

Azione di protesta davanti al negozio di BENETTON   e all’entrata della Biennale di Venezia.  “Un regalo di Benetton” è l’immagine insanguinata di SANTIAGO MALDONADO, assassinato dalle forze repressive dello stato argentino all’ordine delle multinazionali, tra cui quella italiana, che da anni stanno saccheggiando i territori ancestrali del popolo Mapuche, criminalizzando e assassinando  un popolo che difende la propria terra, cultura e dignitá.

ALTRE FOTO E VIDEO DELL’AZIONE

IL COPINH lancia un appello urgente alla solidarietà attiva.

IL COPINH denuncia che persone affini all’impresa DESA hanno distrutto il raccolto di 15 ettari di mais coltivati in terre ancestrali della comunità di Rio Blanco, togliendo così la fonte principale di alimentazione delle famiglie indigene lenca appartenenti alla comunità.

Le terre coltivate furono occupate illegalmente dall’impresa DESA per la costruzione del progetto idroelettrico Agua Zarca contro cui si batteva Berta Càceres, assassinata il 2 marzo del 2016, crimine pianificato ed eseguito  da una struttura criminale formata da proprietari, dirigenti e impiegati dell’impresa stessa in stretta collaborazione con membri delle forze speciali dell’esercito honduregno.

Il COPINH esige al Pubblico Ministero e alla Polizia Nazionale di effettuare le necessarie indagini affinché il crimine non rimanga impunito. Dopo il femminicidio della compañera Berta Cáceres la comunità ha subito 22 diversi tipi di aggressione, ma in nessun caso le istituzioni sono intervenute per individuare e punire i responsabili nonostante le continue denunce.

IL COPINH lancia un appello urgente alla solidarietà attiva, sia a livello nazionale che internazionale.
Chi volesse fare una donazione dall’Italia può versare un contributo solidale al:

Collettivo Italia Centro America CICA
Banca Etica di Milano c/c 00000127111
IBAN: IT64 G050 1801 6000 0000 0127 111
COD.BIC: CCRTIT2T84A

oggetto: solidarietà per Rio Blanco

maggiori informazioni:

COPINH: Appello di solidarietà con Río Blanco: Distrutti 15 ettari di mais coltivato

Il COPINH ringrazia qualsiasi appoggio solidale per i compagni/e della comunità di Río Blanco.

“Siamo sicure e sicuri che la solidarietà dei popoli ci renderà più forti, perché sappiamo che le comunità, i popoli che resistono in questo paese, siamo in tanti per questo governo e le sue miserabili istituzioni.”

“Da qui non ci cacceranno, non ci sconfiggeranno (…) non molleremo questa lotta”

????➡️Guarda il video di Rosalina Domínguez della comunità di Rio Blanco

VIDEO: Rosalina Domínguez denuncia destrucción de la cosecha de alimentos de la comunidad de Río Blanco.

????➡️Guarda il video di Don Lucio, Presidente del Consiglio Indigeno di Río Blanco https://copinh.org/2019/07/presidente-consejo-indigena-rio-blanco-denuncia-ataques/

⚠️➡️Leggi Denuncia e allerta del COPINH https://copinh.org/2019/07/alerta-urgente-ataque-en-rio-blanco/

????➡️Leggi Appello alla solidarietà attiva del COPINH https://copinh.org/2019/07/llamado-urgente-a-la-solidaridad-activa/

 

per seguire notizie sull’Honduras, causa Berta Cáceres e COPINH:  https://t.me/BertaCaceres_Honduras 

Azione Urgente: Libertà immediata per EDWIN ESPINAL e per tutti i prigionieri politici in Honduras

Firma subito la petizione online della Rete Europea di Solidarietá con L’Honduras

Informazioni sul caso di Edwin Espinal

L’attivista onduregno Edwin Róbelo Espinal fu arrestato il 19 gennaio 2018, sulla base di accusazioni costruiti in relazione alle manifestazioni di protesta contro la frode elettorale in Honduras. Fino ad allora le forze di sicurezza di stato avevano già ucciso più di 30 persone che hanno partecipato alle proteste ed anche alcuni passanti indifferenti. Dozzine di dimostranti erano stati incarcerati. Assieme a Raúl Álvarez – anche lui aveva partecipato alle proteste – Edwin è incarcerato dal gennaio 2018 sotto condizioni inumane presso il carcere di massima sicurezza ” La Tolva “, condotta dalle forze armate dello stato onduregno.

Il 18 febbraio 2019 la corte nazionale competente per casi di crimine organizzato, bande e criminalità grave si dichiara non competente per del caso di Edwin e Rául. Di conseguenza entrambi dovrebbero essere congedati dalla carcere di massima sicurezza per potersi difendere di fronte al sistema giudiziario ordinario. Ciò però non accade, ma il caso viene trasportato, comportando la palese violazione dei principi costituzionali e delle norme processuali. Continua a leggere

Conclusa la gira del COPINH in Italia

Evento general en FB: https://www.facebook.com/events/1826809287618541/?active_tab=discussion

3 giugno, Bolzano:

Incontro nella sala Comunale di Bolzano con l’associazione  Los Quinchos,  Collettivo Italia Centro America e la Biblioteca Culture del Mondo

Berta Cáceres: oggi le figlie a Bolzano

4 giugno, Padova:

Incontro  “Tornerò e sarò milioni! L’eredità di Berta Caceres” in Berta, la casetta del Popolo Continua a leggere

ASSEMBLEA MERIDIONALE. DOCUMENTO CONCLUSIVO

L’appuntamento meridionale calabrese, il secondo dopo la tappa napoletana del 3 marzo, ha rilanciato un percorso comune necessario a far maturare un punto di vista meridionale sulle criticità che attraversano i nostri territori nel tentativo di creare collegamenti stabili e duraturi tra movimenti, comitati e individualità.

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Giustizia per Berta: Copinh dal 3 al 9 giugno in Italia

Continua la lotta esigendo giustizia per Berta, continua la resistenza indigena del COPINH, continua la solidarietà italiana con le lotte onduregne.

“Giustizia per Berta Caceres”, la leader indigena hondureña assassinata nel marzo del 2016

Tra il 3 e il 9 giugno in Italia una delegazione del COPINH, l’organizzazione che aveva fondato negli anni Novanta

Arrivano in Italia le sorelle Bertha e Laura Zúniga Cáceres, figlie di Berta Cáceres, la leader indigena hondureña, Goldman Prize 2015, assassinata nella sua casa a La Esperanza nel marzo del 2016.
Bertha e Laura saranno nel nostro Paese tra il 3 e il 9 giugno 2019, e nel corso della loro visita – la seconda dopo l’omicidio della madre – andranno a dare continuità alla relazione di solidarietà tra il COPINH e numerose organizzazioni, movimenti e spazi collettivi che da oltre 15 anni in Italia sostengono i movimenti indigeni e contadini in Honduras. Continua a leggere