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Comunicato d’indignazione per la morte di Keyla Martínez, mentre era sotto custodia della polizia.

Oggi la comunità honduregna immigrata in Spagna è indignata per la morte di Keyla Patricia Martínez (26 anni), figlia di una donna honduregna immigrata in Spagna. Keyla si trovava sotto custodia della polizia, quando morì sabato 7 febbraio in una cella dell’Unità Dipartimentale della Polizia Nazionale, a La Esperanza, Honduras. Per via del coprifuoco e della relativa sospensione delle garanzie costituzionali, era stata portata lì dalla polizia e rinchiusa in una cella. Pertanto c’è una responsabilità diretta della polizia nella sua morte, eppure si rifiutano d’indagare le circostanze in cui è avvenuta. Che cosa stanno nascondendo? Che cosa occultano dell’assassinio di Keyla per mano della polizia?

Il caso di Keyla è un altro femminicidio che si aggiunge alla lista, in un Paese dove l’impunità supera il 90 %. Tra il 2010 e il 2019 appena il 35 % dei casi pervenuti al Pubblico Ministero entrarono nei tribunali. Dei 104 casi di femminicidio giunti alla Corte Suprema di Giustizia tra il 2014 e il 2019, soltanto 23 hanno ottenuto una sentenza. Secondo il Centro dei Diritti della Donna, nel corso del 2020 si sono registrate 247 morti violente di donne. Denunciamo anche i femminicidi di: Alba Flores (15 anni) nelle Isole della Bahìa, Keily Hernandez (19 anni) a Siguatepeque e Leonor Calix (48 anni) a Jutiapa, compiuti nel giro di 24 ore. Non permetteremo che il caso di Keyla rimanga impunito, per di più quando l’istituzione statale honduregna preposta alla “sicurezza pubblica” è direttamente implicata.

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Mobilitazione Globale “PER LA VITA E IL TERRITORIO, GIUSTIZIA E VERITA’”

Il 18/01/21 esigiamo di riavere vivi Sneider, Milton, Gerardo, Suami

Mobilitazione Globale “PER LA VITA E IL TERRITORIO, GIUSTIZIA E VERITA’”

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Il 18 gennaio 2021 si compiono sei mesi dalla sparizione forzata dei giovani garifuna della Comunità di Triunfo de la Cruz, Honduras: Milton Joel Martìnez Avila, Suami Mejìa Garcia, Gerardo Misael Trochez Càlix e Albert Sneider Centeno Thomas (presidente del Patronato della comunità), che furono sequestrati in modo violento da persone identificate come agenti della Direzione di Polizia Investigativa (DPI) il 18 luglio 2020. Non dimentichiamo che lo Stato dell’Honduras è il Responsabile della sparizione forzata dei giovani garifuna della Comunità di Triunfo de la Cruz.

Non dimentichiamo che la sparizione forzata dei giovani è collegata direttamente alla difesa del territorio garifuna e che la Comunità di Triunfo de la Cruz dispone di una sentenza a proprio favore, emessa dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani nel 2015, a cui lo Stato dell’Honduras non ha adempiuto.

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HONDURAS POST-URAGANI

Al di là dei dati macroscopici che quantificano (e nemmeno in maniera sempre attendibile) l’entità della devastazione nell’Honduras post-uragani, per rendersi conto di ciò che tutto questo significa per la “qualità di vita” dei sopravvissuti, bisogna avvicinarsi al loro quotidiano e ascoltarne le testimonianze.

Emerge preponderante il sentimento di abbandono da parte dello Stato, accusato di aver dato l’allarme solo con molto ritardo (c’erano da favorire gli introiti del turismo nella cosiddetta ”settimana morazanica”), non aver organizzato un sistema adeguato per salvare vite, aver mobilitato posteriormente mezzi di soccorso insufficienti a fronte delle immani necessità, aver predisposto un numero altrettanto esiguo di centri d’accoglienza dove il sovraffollamento e la carenza di condizioni igieniche hanno nefaste conseguenze, essere del tutto assente nell’assistenza alle necessità di base della popolazione successive al disastro.

FAI DA TE, LO STATO NON C’E’

La percezione chiara e diffusa è di essere stati abbandonati a se stessi.

Storie di famiglie rimaste per giorni abbarbicate ai tetti delle case o agli alberi, sotto la pioggia, senza cibo, con l’inondazione tutt’intorno, la consapevolezza di aver perso tutto, magari anche in lutto per i loro cari, mentre la stessa vita loro era appesa al filo di speranza che qualcuno arrivasse a recuperarli… “Ci mettevamo a piangere, perché passavano gli elicotteri solo per farci fotografie, mentre noi non avevamo neanche acqua potabile per bere”.

 

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Honduras: DISASTRI “NATURALI”?

Le prime due settimane di novembre hanno rappresentato una catastrofe per il Centroamerica. Due uragani d’intensità enorme (il 3 novembre Eta di categoria 4, il 17 novembre Iota di categoria 5) in successione si sono abbattuti sulla costa atlantica e sulle zone interne di quei Paesi, investendo in pieno soprattutto il Nicaragua, l’Honduras e il Guatemala, ma causando distruzione e morte anche in Costa Rica, Panama, El Salvador, Belize, Messico e Colombia.

Il 2020 è stato un anno record per numero di tempeste e cicloni tropicali, superiori anche alla stagione 2005, l’anno di Katrina, e quando diventano uragani propriamente detti, i dati mostrano che anche la loro potenza distruttiva sta aumentando costantemente nel corso degli anni, parallelamente all’aumentare delle temperature globali delle acque.

I cambiamenti climatici in corso li rendono quindi fenomeni sempre più frequenti e devastanti. Mai prima d’ora si erano verificati in così rapida successione e violenza distruttiva. Definirli “naturali” rischia di nascondere le responsabilità di un modello di sviluppo globalizzato vorace depredatore di risorse, produttore di veleni e scorie, distruttore di equilibri ambientali e sociali, che sta rendendo l’esistenza di noi umani e degli altri viventi su questo pianeta sempre più precaria.

Se il riscaldamento globale ha effetti su tutta quanta la Terra, ciò che viene fatto a livello locale può comunque fare la differenza tra ridurne le conseguenze o aggravarle. Vediamo il caso dell’Honduras.

HONDURAS ALLAGATO

Tutto il Paese è stato devastato, in particolare la zona nordoccidentale di primo impatto, quali i dipartimenti di Atlantida, Colón, Santa Barbara, Cortés. In quest’ultimo si trova la Valle di Sula, il polo economico dell’Honduras, completamente sommersa dall’acqua per lo straripamento dei fiumi che vi scorrono. Danni ingenti anche in Yoro, El Paraíso, Olancho, Choluteca.

Le immagini aeree rivelano la magnitudine della distruzione. I settori che hanno riportato i danni più gravi sono l’agricoltura e l’allevamento. Dati preliminari dei produttori delle aree più colpite del Paese rilevano perdite superiori alle 80.000 tonnellate di olio di palma africana, oltre 15.000 ettari di canna da zucchero, 3.700 ettari di banano, coltivazioni di ortaggi e frutta, più svariate migliaia di ettari di grani basici quali mais, fagioli, riso, oltre ai danni alle infrastrutture: abitazioni, edifici, ponti e vie di comunicazione.

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America Centrale, piove sul bagnato

Due uragani potentissimi in due settimane

Distruzione a Bilwi (Foto JP)

Managua, 18 novembre (LINyM) -. Tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre, l’uragano Eta, di 4^ categoria della scala Saffir-Simpson, ha prima impattato sulla Regione autonoma della costa caraibica nord (Raccn) del Nicaragua con venti ad oltre 240 km/h, e ha poi proseguito la sua traiettoria verso l’Honduras e il Guatemala già declassato a tormenta tropicale. Dietro di sé ha lasciato morte e distruzione.

La protezione civile honduregna (Copeco) ha riportato la morte di 74 persone, più di mezzo milione di famiglie colpite (quasi 3 milioni di persone), di cui 60 mila quelle evacuate. In Guatemala la furia di Eta ha fatto 46 morti, 96 dispersi e ha colpito quasi un milione di persone. Distrutte anche le coltivazioni di circa 700 mila persone. Incontabili i danni alle strutture e infrastrutture pubbliche e private e alle attività produttive. Continua a leggere

Solidarietà con Honduras

L’Honduras sta vivendo una crisi umanitaria di dimensioni enormi dovuta al passaggio dell’uragano Eta che ha colpito molte parti dell’America Centrale. Centinaia di migliaia di persone hanno perso tutto, tutti i raccolti sono andati distrutti, molte zone rimangono isolate, senza acqua potabile, né elettricità, ci sono danni incalcolabili, e dolorosamente al momento ci sono moltissimi dispersi.

Honduras sommerso – https://www.puchica.org/honduras-sommerso/

Huracán Eta, caos climático y estado colapsado https://ofraneh.wordpress.com/2020/11/11/huracan-eta-caos-climatico-y-estado-colapsado/

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Honduras sommerso

Tra il 29 e il 30 ottobre, il National Hurricane Center di Miami ha avvisato il Nicaragua e i paesi del cosiddetto Triangolo Nord (El Salvador, Guatemala e Honduras) che la tempesta tropicale Eta si stava dirigendo verso la regione e che, molto probabilmente, si sarebbe trasformata in uragano prima di entrare in Nicaragua dalla Costa Caribe Nord, per poi deviare verso l’Honduras e il Guatemala.

Domenica 1 novembre, le autorità nicaraguensi hanno decretato allerta gialla per la Regione autonoma della costa caraibica settentrionale (Racn) e per l’intera area del triangulo minero (Siuna, Bonanza, Rosita), e hanno attivato immediatamente i piani d’emergenza e di prevenzione per la salvaguardia e protezione della popolazione e per l’invio di beni alimentari di prima necessità.

La notte del 2 novembre, Eta si è trasformato in uragano e si è rafforzato fino a raggiungere categoria 4. Più di 30 mila persone sono state evacuate prima che toccasse suolo a sud di Bilwi/Puerto Cabezas (Mosquitia) la mattina del 3 novembre, con venti fino a 240 km/h.

Il giorno successivo, mentre attraversava il territorio nicaraguense lasciando dietro di sé una scia di distruzione, Eta ha cominciato a indebolirsi ed è stato declassato a tempesta tropicale. L’immediata attivazione di un efficiente ed efficace sistema di prevenzione dei disastri ha permesso che in Nicaragua non ci fossero vittime come conseguenza diretta dell’uragano.

Secondo gli ultimi dati forniti dalla Protezione civile (Sistema di prevenzione dei disastri – Sinapred) sono state evacuate più di 71 mila persone, delle quali 47 mila sono state sistemate in 325 rifugi temporanei. Sono 1.890 le case distrutte e più di 8 mila quelle danneggiate. Danni anche a strutture pubbliche come l’ospedale e il molo di Bilwi, 45 scuole, 66 ponti e 900 km di vie di comunicazione. 50 mila case sono rimaste momentaneamente senza energia elettrica. I danni ammonterebbero per il momento a 172 milioni di dollari.

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Honduras: Donne in pericolo

6.137 donne uccise negli ultimi 15 anni

Mural en Medellin (Foto G. Iglesias | Rel UITA)

Managua, 28 ottobre (Rel UITA | LINyM) -. In Honduras si registra una preoccupante escalation della violenza contro le donne, una tragedia resa ancora più drammatica dalla quarantena imposta dal governo per far fronte alla pandemia e, soprattutto, dall’assenza cronica di politiche pubbliche.

L’Osservatorio sulla violenza dell’Università nazionale autonoma dell’Honduras (Ov-Unah) stima che sono 6.137 le donne che hanno perso la vita in modo violento e le vittime di femminicidio negli ultimi 15 anni (2005-2019), con un forte aumento degli attacchi mortali a partire dal colpo di stato del 2009.

Più del 63% delle morti (3.891) sono avvenute a partire dal 2012, il 60% delle quali sono considerati femminicidi per lo più commessi dal partner o da un ex partner. Continua a leggere

Honduras sull’orlo di un’altra crisi politica e sociale?

Quest’articolo è disponibile anche in: Spagnolo

(Foto di Giorgio Trucchi)

Il bilancio finale delle elezioni del 2017 è stato tragico. La frode elettorale, orchestrata dall’esecutivo con l’appoggio determinante degli Stati Uniti e col silenzio complice dell’Unione europea e di Almagro, ha lasciato un saldo di oltre 30 morti di cui sono responsabili i corpi repressivi dello Stato, ma anche una profonda crisi politica e sociale che sta minando quel poco che rimane di istituzioni, già fortemente compromesse dopo il colpo di stato del 2009.

A distanza di tre anni, l’Honduras sembra dirigersi verso un’altra crisi ancora più acuta.

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“Liberateli subito da questo inferno d’ingiustizia!”

Forte appello per l’immediata liberazione dei prigionieri politici

Managua, 6 agosto (Rel UITA | LINyM) -. La scorsa settimana, il Comitato per la liberazione dei prigionieri politici in Honduras, organizzazioni per i diritti umani e familiari dei privati di libertà hanno nuovamente chiesto il rilascio immediato di dieci prigionieri politici, vittime di un sistema politico ed economico corrotto e violento.

“L’Honduras è impantanato in una profonda crisi politica, la cui soluzione passa  necessariamente dal superamento della violenza strutturale del modello di società che ci viene imposto. Continua a leggere

Honduras: cinque “desaparecidos” a Triunfo e l’espulsione del popolo Garifuna

OFRANEH 

Con la sparizione di cinque giovani della comunità di Triunfo de La Cruz, portati via dalle loro abitazioni all’alba di sabato 18 luglio da presunti agenti della Direzione di Polizia Investigativa (DPI), si verifica l’ennesima aggressione contro leader e membri delle comunità Garifuna, realtà che si è esacerbata a partire dall’anno 2018.

Rapiti dai loro domicili, a tutt’oggi non si sa come e dove stiano Alberth Sneider Centeno, Presidente del Patronato di Triunfo de La Cruz e membro di OFRANEH, Milton Joel Martínez Álvarez, Suami Aparicio Mejía García, Gerardo Misael Trochez Calix (1). La situazione ha creato enorme allarme all’interno delle comunità Garifuna, poiché nonostante le restrizioni alla mobilità, in vigore a fronte della dilagante pandemia, e col coprifuoco imperante, si sono introdotti nella comunità veicoli con a bordo persone fortemente armate.

A partire dal colpo di stato del 2009, in Honduras si è inasprita l’offensiva contro la popolazione Garifuna, nonostante due sentenze della Corte Interamericana dei Diritti Umani (Corte IDH) a favore delle comunità Garifuna di Punta Piedra e Triunfo de La Cruz, che nel 2015 condannavano lo Stato per violazione del diritto alla proprietà comunitaria e alla consultazione previa, libera e informata.

Finora lo Stato honduregno non ha adempiuto le sentenze, producendo contestazioni sul riconoscimento dei diritti collettivi stabiliti in accordi e trattati internazionali, sottoscritti “in buona fede” dallo Stato stesso.

Tutto sembra indicare che il presidente del patronato di Triunfo de La Cruz e il suo gruppo, fossero diventati un intralcio per l’élite del potere locale, che sentendosi colpita dalla sentenza della Corte IDH, ha provveduto a seminare il terrore nella zona.

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HONDURAS A 11 ANNI DAL GOLPE

Il 28 giugno 2009 è una data che ha segnato tragicamente la storia recente dell’Honduras. Quel giorno un colpo di Stato rovesciò il presidente Manuel Zelaya, interrompendo un’esperienza di democrazia e autodeterminazione che andava crescendo. Oggi, nell’undicesimo triste anniversario, il golpe è tuttora l’essenza del Paese. Non è mai finito.

Eccone alcuni aspetti.

Povertà, emigrazione, violenza

L’Honduras resta uno dei Paesi più poveri del continente. Secondo dati della Commissione Economica per l’America Latina ed i Caraibi (CEPAL), circa il 40 % della popolazione è in situazione di povertà estrema e il 67,4 % in povertà relativa, concentrate soprattutto nell’area rurale, dove il 73,5 % dei nuclei famigliari vive in condizioni d’indigenza. In questo scenario disperato, unito all’alto indice di violenza che da più parti colpisce la popolazione, l’emigrazione diventa “innanzitutto una lotta per la sopravvivenza”.

Di 9,9 milioni di honduregni, circa 945.000 risiedono negli Stati Uniti, circa 90.000 in Spagna e decine di migliaia in Messico. Nel 2019, in un contesto di crescenti misure contro l’immigrazione da parte di Donald Trump, approssimativamente 300.000 honduregni fuggirono comunque verso gli USA. Di questi, 109.185 vennero forzatamente rimpatriati, tra essi 24.040 erano bambini. Ma in assenza di una politica economica di reinserimento lavorativo, la maggioranza dei rientrati tenta nuovamente di emigrare, in alcuni casi fino a dieci volte. Nonostante le difficoltà sperimentate negli ultimi decenni, le rimesse degli emigrati sono il vero polmone dell’economia nazionale e rappresentano tre volte l’investimento annuale dell’impresa privata.

La violenza estrema occupa un posto centrale nella quotidianità honduregna, con un tasso di 41,4 casi ogni 100.000 abitanti nel 2018. Tra il 2004 e il 2018 si registrarono 71.695 assassini, con una media di dieci morti violente al giorno. Uno dei settori maggiormente esposto al crimine organizzato è il trasporto. A mo’ di esempio: il 27 febbraio 2020 il vicepresidente dell’Associazione dei Taxisti dell’Honduras, Rony Figueroa, fu bersaglio di colpi d’arma da fuoco di fronte a casa sua. Nei giorni precedenti aveva denunciato pubblicamente l’estorsione e la violenza esercitata contro la sua categoria professionale e condannato la carente risposta delle autorità di polizia di fronte alle minacce dei membri della Mara ms-13, che riscuotono l’”imposta di guerra” al punto di partenza dei taxi, arrivando a sequestrare uno dei suoi colleghi.

A causa dell’estorsione nelle sue diverse forme, negli ultimi cinque anni hanno chiuso circa 80.000 imprese. La violenza come modalità di risoluzione dei conflitti si manifesta anche quotidianamente in dispute coniugali e familiari, stupri, sequestri e aggressioni. Potrebbero citarsi casi all’infinito.

Nel Paese vi sono oltre 247.000 persone obbligate a lasciare le proprie case con la forza o per paura.

Vi è anche tutta la violenza dispotica ed assassina perpetrata dai corpi repressivi dello Stato, da bande paramilitari, dalle guardie di sicurezza private al servizio delle imprese nazionali e multinazionali nei confronti degli attivisti ambientali, sociali, sindacali, dei diritti umani, leader comunitari, contadini, indigeni, afrodiscendenti, lavoratori della comunicazione, insegnanti, studenti, artisti, LGBTI … ovvero di tutti coloro che con il loro agire creano potenziale o reale disturbo al sistema. Stato dittatoriale da una parte contro popolo dall’altra.

Secondo il direttore del Centro di Documentazione dell’Honduras, gli eterogenei gruppi criminali che operano nel Paese centroamericano non potrebbero agire nella dimensione in cui lo fanno senza la complicità dello Stato, con la narcopolitica come espressione più emblematica dei legami tra Stato e crimine organizzato. 

Malversazione, corruzione, narcodittatura

Per secoli lo Stato è stato visto come il bottino dei trionfatori elettorali e dei loro alleati. Il saccheggio dei fondi pubblici per usi privati ed il clientelismo sono delle costanti. I politici corrotti usano i poveri come massa di manovra, se stessi come elargitori di impieghi verso dei correligionari, in cambio della fedeltà al partito. Questo panorama si è complicato negli ultimi dieci anni con il coinvolgimento del presidente e della sua famiglia nel traffico internazionale di droga.

La Procura del Distretto Meridionale di New York che indaga sul caso, ha dichiarato Antonio Hernadez, fratello dell’attuale presidente, narcotrafficante su vasta scala, colpevole di numerosi reati, collaboratore di gruppi criminali colombiani e messicani. Con l’aiuto materiale di membri corrotti della Polizia Nazionale, assicurava il passaggio di tonnellate di stupefacenti verso gli USA, finanziando coi proventi le milionarie campagne elettorali del Partito Nazionale dell’Honduras (PNH): 2 milioni di dollari per Lobo nel 2009, 1,6 milioni per Hernández nel 2013, similmente nel 2017. I due presidenti stessi sono stati definiti dalla Procura statunitense “co-cospiratori” nel flusso di narcodollari verso la politica.

Tale traffico era già emerso con la cattura nel 2015 di Fabio Lobo, figlio dell’ex-presidente Porfirio Lobo, per il suo ruolo di facilitatore delle negoziazioni fra Stato e mafia. Anche alti esponenti del Partito Liberale furono condannati per aver prestato servizi commerciali e bancari al crimine organizzato. È il caso della potente famiglia Rosenthal, con base a San Pedro Sula, la capitale economica del Paese.

Nel 2015 giornalisti locali riuscirono a dimostrare i legami tra il peculato nell’Istituto Honduregno di Previdenza Sociale (IHSS) ed il finanziamento della campagna elettorale del PNH del 2013. L’indignazione enorme dei cittadini divenne azione collettiva: massicci “cortei delle fiaccole” costrinsero il governo ad installare una Missione di Sostegno contro la Corruzione e l’Impunità in Honduras (MACCIH). Aveva il difficile compito di rafforzare le vacillanti istituzioni nazionali, rendere conto delle reti di corruzione e proporre soluzioni per rendere trasparente la gestione degli affari pubblici. I 12 casi presentati dalla sua squadra investigativa permisero, per la prima volta, di processare alti funzionari pubblici (tra essi la moglie dell’ex presidente Rosa Elena Bonilla de Lobo). Ma le successive pressioni da parte del partito filogovernativo, portarono alla totale disarticolazione di MACCIH nel gennaio 2020.

Secondo i ricercatori del Centro Studi per la Democrazia, in Honduras esiste uno scambio di favori tra reti di corruzione pubblico-private, rinnovati in periodo elettorale, che consiste in investire in politica per poi ottenere “contratti relativi a concessioni che procurano enormi fortune e che, nel contempo (…) sono i canali appropriati per lavare denaro e introiti provenienti dal narcotraffico e dal crimine organizzato”. Se ciò non bastasse, il 18 ottobre scorso i deputati del Congresso Nazionale hanno approvato il “fondo dipartimentale”, che permette loro di usufruire a discrezione di fondi pubblici per alimentare le loro reti clientelari.

Nuovo codice penale

Il 25 giugno 2020 dovrebbe entrare in vigore il nuovo codice penale. Il testo, già approvato l’anno scorso, suscita grande preoccupazione in diversi settori della società honduregna. Organizzazioni sociali, popolari e sindacali insistono sulla necessità di modificarlo, poiché configura più di 50 nuove tipologie di reati penali e molti dei suoi articoli violano la libertà sindacale, di espressione, associazione, riunione e manifestazione. Attacca il diritto alla protesta pacifica e riduce le pene per reati di corruzione e violenze sulle donne.

Secondo Joel Almendares, segretario generale della Confederazione Unitaria dei Lavoratori dell’Honduras (CUTH), queste nuove tipologie di reati penali sono state create per spaventare, criminalizzare e perseguire le organizzazioni sociali e popolari che lottano contro le politiche neoliberiste del governo, i media indipendenti, i difensori dei diritti umani, i lavoratori e le lavoratrici organizzate.

“In questi articoli c’è l’essenza della strategia governativa per mettere a tacere il movimento sociale organizzato. È per questo che chiediamo l’eliminazione di questi articoli e che stiamo ricevendo il sostegno e la solidarietà di molte organizzazioni nazionali e internazionali”.

Business dei rifiuti tossici

Nella sessione virtuale del 16 giugno 2020, il Congresso Nazionale ha approvato un disegno di legge, senza dar voce all’opposizione, dove si autorizza l’importazione da qualunque parte del mondo di batterie esauste di veicoli, per essere “riciclate” seppellendone quanto resta in territorio nazionale.

Il rischio di trasformare l’Honduras in una discarica di rifiuti tossici è evidente. È quanto denuncia il deputato del partito LIBRE, Jari Dixon Herrera, facendo appello alle associazioni ambientaliste.

Una prima risposta è arrivata dai professionisti di ingegneria ambientale. In un comunicato hanno ricordato come l’art. 8 della legge generale sull’ambiente proibisca d’introdurre nel Paese rifiuti tossici radioattivi, immondizia domestica, fanghi di scolo o altri contaminanti. L’art. 11 stabilisce, viceversa, di adottare le misure necessarie per evitare l’importazione di prodotti pericolosi per l’ecosistema e la salute umana. Sollecitano inoltre al Congresso Nazionale un ampio confronto pubblico sulla legge, per ora stagnante, di Gestione Integrale dei Rifiuti.

Dengue e covid-19

In Centroamerica, come in altri Paesi tropicali, sono ricorrenti le epidemie di dengue, malattia trasmessa da una zanzara. Quest’anno ciò si sovrappone alla già difficile situazione del covid-19. In Honduras si riportano, alla 23° settimana del 2020, 13.998 casi, dei quali 12.760 della variante classica (meno grave) e 1.238 di dengue emorragico (grave/mortale). Circa i numeri del covid, al 26/6/2020 abbiamo conferma di 15.366 contagiati, 1.600 guariti e 426 morti, ma ciò che più preoccupa è la tendenza all’esponenziale aumento dei contagi nell’ultimo mese.

Le ricette neoliberiste applicate in Honduras dal golpe in poi, hanno avuto la loro evidente espressione nel collasso delle strutture sanitarie ed educative. Di conseguenza la popolazione è di fatto abbandonata a se stessa di fronte alle epidemie e pandemie. Molti medici ritengono che il governo non abbia preso le misure preventive adeguate ed abbia gestito l’intera situazione covid con incompetenza. Insufficienti sia i dispositivi di biosicurezza per il personale sanitario, sia quelli basilari per la gente. Le ingenti somme stanziate dai fondi pubblici per affrontare la situazione, acquistando i materiali necessari, sono state in gran parte preda di malversazione o usate in modo clientelare. Lo stesso vale per l’emergenza alimentare, considerando che la maggior parte della popolazione vive di economia informale.

Il covid-19 è stato per il governo e i suoi accoliti una pacchia, da sfruttare per annullare il dissenso, aumentare la repressione, accentrare ulteriormente il potere, accelerare processi di concessione del territorio honduregno allo sfruttamento straniero e nostrano, accumulare ulteriori ricchezze pubbliche nelle mani di un ristretto gruppo economico e criminale. Per le classi popolari è stato l’ennesima mazzata, alleviata solo dalle strategie di autodifesa e sussistenza e dalle numerose forme di solidarietà messe in atto dalle persone, comunità e organizzazioni di base.

Come ricordava Berta Caceres: “Solo il popolo salva il popolo”.

 

Fonti:

Daniel Vásquez – nuso.org –   https://criterio.hn/honduras-en-el-abismo/

https://vidasdesplazadas.org/categoria-noticias/247-mil-vidas-desplazadas-en-honduras/

Giorgio Trucchi – Rel UITA –https://www.pressenza.com/it/2020/06/honduras-profondamente-antisindacale/

https://radioprogresohn.net/instante/partido-nacional-convertira-a-honduras-en-basurero-toxico-denuncia-diputado/

https://criterio.hn/ingenieros-ambientales-recuerdan-al-gobierno-que-es-prohibido-introducir-desechos-toxicos-a-honduras/

https://confidencialhn.com/honduras-reportan-casi-14-mil-casos-de-dengue-distrito-central-y-el-valle-de-sula-los-mas-afectados/

 

A cura di Adelina Bottero

Honduras: La covidfobia e l’allarmante situazione di violenza sulle donne

di Giorgio Trucchi

Honduras: La covidfobia e l’allarmante situazione  di violenza sulle donne

La scorsa settimana, il Centro per i diritti della donna, Cdm, l’Equipe giuridica per i diritti umani e Women’s Link Worldwide hanno inoltrato al massimo organo di giustizia honduregno una richiesta di informazioni sui casi di violenza domestica durante gli oltre due mesi di lockdown.

Incaricati di ricevere le denunce, applicare misure di protezione e tutela, verificandone poi l’adempimento durante la sospensione delle attività dei tribunali, sono i giudici di pace secondo quanto disposto dal presidente della Corte suprema di giustizia (risoluzione PCSJ 16-2020) [1].

Uno degli effetti più gravi della pandemia è l’acuirsi delle disuguaglianze che già esistono nella società honduregna. In questo contesto, la quarantena diventa la più grande minaccia per molte donne, bambine e bambini.

Secondo l’Osservatorio sui diritti umani delle donne[2] del Cdm, dall’entrata in vigore delle misure restrittive delle libertà ci sono stati 26 femminicidi – 12 nel solo mese di maggio -, 3 tentati femminicidi e 10 casi di violenza sessuale. In totale, da gennaio sono già state assassinate 95 donne.   leggi tutto>>>

HONDURAS – MANIFESTO DEL 1° MAGGIO

IN TEMPI DI COVID-19

Noi organizzazioni firmatarie di questo documento, salutiamo il nostro popolo lavoratore in questo 1° Maggio, in un contesto in cui l’Honduras è vittima tanto delle conseguenze della pandemia del COVID-19, quanto dell’imposizione incostituzionale e fraudolenta di una narcodittatura cachureca (*) e militare, espressione del collassato modello neoliberalcapitalista.    

Essendo impegnata a proteggersi dai processi di New York, la dittatura ha dovuto improvvisare l’emergenza di fronte alla pandemia, agendo con la stessa irresponsabilità e incompetenza con cui ha gestito l’epidemia di Dengue negli ultimi due anni, così come ha gestito gli affari pubblici durante questo decennio, che ha avviato col colpo di Stato del 28 giugno 2009.  

L’improvvisazione, il cinismo, l’incompetenza, la corruzione e il settarismo, hanno avuto per risultato un piano d’emergenza assunto come una cuccagna per far soldi, che si palesa nella ripartizione tra faine delle miliardarie risorse dell’emergenza, approvate rigorosamente con dispensa dal dibattito nel Congresso Nazionale. Continua a leggere

INCENDI IN HONDURAS

In piena emergenza sanitaria per la pandemia, il territorio honduregno viene devastato da un’ondata di incendi.

Secondo i dati forniti dall’Istituto per la Conservazione delle Foreste (ICF), dall’inizio del 2020 fino alla data del 24 aprile erano stati distrutti dalle fiamme oltre 23.200 ettari di boschi in 487 località. Dopo nemmeno un mese, il 16 maggio, la cifra risulta raddoppiata: 835 incendi forestali hanno distrutto quasi 55.000 ettari di boschi, fra nazionali, demaniali e privati.

 

I dipartimenti più colpiti sono quelli di Francisco Morazán, Gracias a Dios, Olancho e il Distretto Centrale.

Il municipio di Puerto Lempira (Gracias a Dios, nella zona caraibica orientale dell’Honduras), è quello che presenta la maggiore estensione distrutta dalle fiamme, con oltre 20.800 ettari, ovvero il 38% del totale dell’area colpita a livello nazionale.

Secondo fonti del Corpo dei Vigili del fuoco oltre il 90% dei casi, sono opera della mano criminale dell’uomo, ma sono molto pochi i casi in cui si è potuto identificare i piromani. Continua a leggere