5 dicembre 2012 (MoviSol) – La mafia vincente del racket chiamato sistema finanziario internazionale è da decenni Goldman Sachs. Due recenti e sensazionali sviluppi lo confermano: la nomina di Mark Carney a capo della Bank of England e la sentenza della Corte di Giustizia Europea sul caso degli “swaps greci”. Entrambi vedono lo stesso vincitore: Goldman Sachs.
È la prima volta nei 318 anni di storia della Bank of England che un non-soggetto britannico si siede sulla poltrona di Threadneedlestreet. Carney è governatore della banca centrale canadese e capo dell’International Financial Stability Board, quello che Giulio Tremonti ha chiamato “il cavallo di Troia della speculazione finanziaria”.
Ma soprattutto Carney ha lavorato per tredici anni, dal 1990 al 2003, a Goldman Sachs dove, tra l’altro, ha rivestito l’incarico di capo della divisione “rischio paese”. Egli fu coinvolto nella crisi finanziaria russa del 1998, che fu esacerbata proprio perché Goldman Sachs consigliava la Russia mentre allo stesso tempo scommetteva contro la capacità del paese di pagare i debiti.
La nomina di Carney sposta i rapporti di forza nelle istituzioni britanniche, in un momento in cui si decide pro o contro la separazione bancaria e la Bank of England sotto Mervyn King è stata fortemente a favore di una netta separazione alla Glass-Steagall. King si è opposto alla soluzione preferita dalla City di Londra, il cosiddetto Ringfencing raccomandato dalla Commissione Vickers e caldeggiato dal Premier Cameron e dal Cancelliere dello Scacchiere Osborne. Carney è stato scelto da Osborne dopo che il candidato naturale alla successione di King dall’interno della banca, Mark Tucker, è stato indebolito da una campagna stampa che ha addossato la responsabilità passiva dello scandalo Libor alla Bank of England e a Tucker personalmente.
In una recente intervista a Euromoney, Carney ha attaccato un altro funzionario della Bank of England, Andrew Haldane, perché questi si era pronunciato a favore di Glass-Steagall.
In un altro sviluppo, il 29 novembre la Corte di Giustizia Europea in Lussemburgo ha deciso che la BCE può mantenere segrete le carte sui cosiddetti “swaps greci” perché la loro pubblicazione danneggerebbe “l’interesse pubblico per quanto riguarda la politica economica dell’UE e della Grecia”.
Nell’agosto 2010, la giornalista di Bloomberg Gabi Thesing aveva chiesto alla BCE di rendere pubblici i documenti sul famoso accordo di “swap” del 2002 orchestrato per la Grecia da Goldman Sachs e sul caso “Titlos” del 2009, anch’esso riguardante Goldman Sachs.
All’inizio del 2002, gli amministratori del debito greco conclusero un gigantesco accordo con Goldman Sachs su cosiddetti “cross-currency swaps”: debito pubblico emesso in dollari e yen fu scambiato con debito in euro per un certo periodo di tempo, per poi essere riconvertito nelle valute originali ad una data prestabilita. Questo permise alla Grecia di togliere parte del debito dal bilancio, così soddisfacendo i criteri per l’ammissione all’euro.
Sette anni dopo, nel febbraio del 2009, il neonato veicolo finanziario Titlos a Londra emise 5,1 miliardi di cartolarizzazioni basate su swaps, che ricevettero la nota A1 da Moody’s, e le piazzò alla Banca Nazionale Greca. La BNG le usò come collaterale per ottenere prestiti dalla BCE che investì in titoli ad alto rendimento – il solito carry-trade. Anche questo accordo fu organizzato da Goldman Sachs.
Tra i due “deals” (2004-2005), Mario Draghi fu vicepresidente e numero uno in Europa della Goldman Sachs. Egli ha sostenuto pubblicamente di non aver mai saputo niente degli accordi del 2002. Eppure nel 2003 egli pubblicò assieme a Robert Merton e Francesco Giavazzi uno scritto su “Trasparenza, gestione del rischio e fragilità finanziaria internazionale”, in cui si discute proprio l’uso di quegli strumenti finanziari swaps per “diversificare il rischio-paese”.
Fonte: MoviSol