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Honduras sull’orlo di un’altra crisi politica e sociale?

Quest’articolo è disponibile anche in: Spagnolo

(Foto di Giorgio Trucchi)

Il bilancio finale delle elezioni del 2017 è stato tragico. La frode elettorale, orchestrata dall’esecutivo con l’appoggio determinante degli Stati Uniti e col silenzio complice dell’Unione europea e di Almagro, ha lasciato un saldo di oltre 30 morti di cui sono responsabili i corpi repressivi dello Stato, ma anche una profonda crisi politica e sociale che sta minando quel poco che rimane di istituzioni, già fortemente compromesse dopo il colpo di stato del 2009.

A distanza di tre anni, l’Honduras sembra dirigersi verso un’altra crisi ancora più acuta.

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Berta Canto alla terra

Berta
Honduras 3 marzo 2016. All’alba, Berta Isabel Càceres Flores, “defensora de la Madre Tierra”, leader indigena Lenca, fondatrice del Consiglio delle organizzazioni popolari ed
indigene dell’Honduras, attivista femminista, Premio Goldman per l’Ambiente, è assassinata nella sua abitazione di La Esperanza.
Per anni ha ricevuto e denunciato costanti persecuzioni e minacce per la sua instancabile attività di contrasto ai progetti di sfruttamento ed estrazione nei territori ancestrali indigeni.
Per questo la Commissione Interamericana dei Diritti Umani ha ordinato misure di tutela per la sua vita.
La notte in cui viene uccisa, però, non c’è nessuno a proteggerla.

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Miriam Miranda: “Affrontiamo persone potenti, ma non smetteremo mai di lottare”

Due mesi dalla sparizione forzata di Snaider, Milton, Suami, Gerardo e Junior

Miriam Miranda della Ofraneh (Foto G. Trucchi | LINyM)

Managua, 23 settembre (LINyM) -. Sono passati due mesi dalla sparizione forzata di quattro attivisti della comunità garifuna di Triunfo de la Cruz, tra cui il presidente del patronato Alberth Snaider Centeno, e di una quinta persona.

Sia Centeno che Milton Martínez Álvarez, Suami Mejía García e Gerardo Róchez Cálix sono membri dell’Organizzazione fraterna nera honduregna (Ofraneh) e del Comitato per la difesa delle terre della comunità (triunfeñas). Junior Rafael Juárez Mejía, l’altra persona sequestrata e fatta sparire, è un vicino della comunità. Continua a leggere

“Liberateli subito da questo inferno d’ingiustizia!”

Forte appello per l’immediata liberazione dei prigionieri politici

Managua, 6 agosto (Rel UITA | LINyM) -. La scorsa settimana, il Comitato per la liberazione dei prigionieri politici in Honduras, organizzazioni per i diritti umani e familiari dei privati di libertà hanno nuovamente chiesto il rilascio immediato di dieci prigionieri politici, vittime di un sistema politico ed economico corrotto e violento.

“L’Honduras è impantanato in una profonda crisi politica, la cui soluzione passa  necessariamente dal superamento della violenza strutturale del modello di società che ci viene imposto. Continua a leggere

Struttura Criminale al Servizio dello Stato e la Sparizione Forzata dei Garifuna in Honduras

Il 18 luglio 2020 la silenziosa pace delle case della comunità Garifuna di Triunfo de La Cruz, nella Baia di Tela, sulla costa caraibica honduregna, venne interrotta quando una decina di uomini o poco più, fortemente armati, con divise della Polizia Militare dell’Ordine Pubblico (PM) ed altri con giubbotti recanti il distintivo del Dipartimento della Polizia Investigativa (DPI), alle prime ore del mattino irruppero nella casa del Presidente del Patronato, Alberth Snaider Centeno, e insieme a lui rapirono altri 3 compagni; a distanza di oltre 10 giorni sono tuttora scomparsi, mentre lo Stato si appresta a rilasciare l’unico detenuto vincolato al caso.

Per questa ragione con URGENZA ci pronunciamo come segue: Continua a leggere

Honduras: cinque “desaparecidos” a Triunfo e l’espulsione del popolo Garifuna

OFRANEH 

Con la sparizione di cinque giovani della comunità di Triunfo de La Cruz, portati via dalle loro abitazioni all’alba di sabato 18 luglio da presunti agenti della Direzione di Polizia Investigativa (DPI), si verifica l’ennesima aggressione contro leader e membri delle comunità Garifuna, realtà che si è esacerbata a partire dall’anno 2018.

Rapiti dai loro domicili, a tutt’oggi non si sa come e dove stiano Alberth Sneider Centeno, Presidente del Patronato di Triunfo de La Cruz e membro di OFRANEH, Milton Joel Martínez Álvarez, Suami Aparicio Mejía García, Gerardo Misael Trochez Calix (1). La situazione ha creato enorme allarme all’interno delle comunità Garifuna, poiché nonostante le restrizioni alla mobilità, in vigore a fronte della dilagante pandemia, e col coprifuoco imperante, si sono introdotti nella comunità veicoli con a bordo persone fortemente armate.

A partire dal colpo di stato del 2009, in Honduras si è inasprita l’offensiva contro la popolazione Garifuna, nonostante due sentenze della Corte Interamericana dei Diritti Umani (Corte IDH) a favore delle comunità Garifuna di Punta Piedra e Triunfo de La Cruz, che nel 2015 condannavano lo Stato per violazione del diritto alla proprietà comunitaria e alla consultazione previa, libera e informata.

Finora lo Stato honduregno non ha adempiuto le sentenze, producendo contestazioni sul riconoscimento dei diritti collettivi stabiliti in accordi e trattati internazionali, sottoscritti “in buona fede” dallo Stato stesso.

Tutto sembra indicare che il presidente del patronato di Triunfo de La Cruz e il suo gruppo, fossero diventati un intralcio per l’élite del potere locale, che sentendosi colpita dalla sentenza della Corte IDH, ha provveduto a seminare il terrore nella zona.

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COMUNICATO DELL’ASSEMBLEA DELLE “MUJERES LUCHADORAS DE HONDURAS”

MALANOVA.INFO  : traduciamo il comunicato dell’assemblea delle “MUJERES LUCHADORAS DE HONDURAS”

 

A 11 anni dal colpo di stato, abbiamo denunciato il narcogenocidio della popolazione dell’Honduras per mano della dittatura JOH. Da quel giugno 2009, il regime continua a portarci via i compagni per toglierci la speranza e diffondere la paura, ma loro sono con noi e ci danno la loro forza.

Non dimentichiamo e non ci riconciliamo.

Siamo donne diverse di popolo, comunità e città, di tutte le età e identità politiche che costruiscono uno spazio sicuro e affidabile facendo un patto da sorelle. Combattiamo per la libertà, la vita e la speranza di recuperare e ricostruire il paese, con cibo, terra, salute, educazione, parole e acqua condivise per tutti, con la gioia e la forza della spiritualità che ci guida e invochiamo con canti, balli e tamburi garífunas, misquitos, tolupanes, lencas, pech, chortis, tawakas.

Il nostro primo incontro a Vallecito, terra liberata dal popolo Garifuna, nel 2019 ha chiarito che solo la forza e l’organizzazione, la solidarietà e la creatività ci consentiranno di sostenere la vita collettiva che sogniamo e per la quale combattiamo.  LEGGI TUTTO>>>

HONDURAS A 11 ANNI DAL GOLPE

Il 28 giugno 2009 è una data che ha segnato tragicamente la storia recente dell’Honduras. Quel giorno un colpo di Stato rovesciò il presidente Manuel Zelaya, interrompendo un’esperienza di democrazia e autodeterminazione che andava crescendo. Oggi, nell’undicesimo triste anniversario, il golpe è tuttora l’essenza del Paese. Non è mai finito.

Eccone alcuni aspetti.

Povertà, emigrazione, violenza

L’Honduras resta uno dei Paesi più poveri del continente. Secondo dati della Commissione Economica per l’America Latina ed i Caraibi (CEPAL), circa il 40 % della popolazione è in situazione di povertà estrema e il 67,4 % in povertà relativa, concentrate soprattutto nell’area rurale, dove il 73,5 % dei nuclei famigliari vive in condizioni d’indigenza. In questo scenario disperato, unito all’alto indice di violenza che da più parti colpisce la popolazione, l’emigrazione diventa “innanzitutto una lotta per la sopravvivenza”.

Di 9,9 milioni di honduregni, circa 945.000 risiedono negli Stati Uniti, circa 90.000 in Spagna e decine di migliaia in Messico. Nel 2019, in un contesto di crescenti misure contro l’immigrazione da parte di Donald Trump, approssimativamente 300.000 honduregni fuggirono comunque verso gli USA. Di questi, 109.185 vennero forzatamente rimpatriati, tra essi 24.040 erano bambini. Ma in assenza di una politica economica di reinserimento lavorativo, la maggioranza dei rientrati tenta nuovamente di emigrare, in alcuni casi fino a dieci volte. Nonostante le difficoltà sperimentate negli ultimi decenni, le rimesse degli emigrati sono il vero polmone dell’economia nazionale e rappresentano tre volte l’investimento annuale dell’impresa privata.

La violenza estrema occupa un posto centrale nella quotidianità honduregna, con un tasso di 41,4 casi ogni 100.000 abitanti nel 2018. Tra il 2004 e il 2018 si registrarono 71.695 assassini, con una media di dieci morti violente al giorno. Uno dei settori maggiormente esposto al crimine organizzato è il trasporto. A mo’ di esempio: il 27 febbraio 2020 il vicepresidente dell’Associazione dei Taxisti dell’Honduras, Rony Figueroa, fu bersaglio di colpi d’arma da fuoco di fronte a casa sua. Nei giorni precedenti aveva denunciato pubblicamente l’estorsione e la violenza esercitata contro la sua categoria professionale e condannato la carente risposta delle autorità di polizia di fronte alle minacce dei membri della Mara ms-13, che riscuotono l’”imposta di guerra” al punto di partenza dei taxi, arrivando a sequestrare uno dei suoi colleghi.

A causa dell’estorsione nelle sue diverse forme, negli ultimi cinque anni hanno chiuso circa 80.000 imprese. La violenza come modalità di risoluzione dei conflitti si manifesta anche quotidianamente in dispute coniugali e familiari, stupri, sequestri e aggressioni. Potrebbero citarsi casi all’infinito.

Nel Paese vi sono oltre 247.000 persone obbligate a lasciare le proprie case con la forza o per paura.

Vi è anche tutta la violenza dispotica ed assassina perpetrata dai corpi repressivi dello Stato, da bande paramilitari, dalle guardie di sicurezza private al servizio delle imprese nazionali e multinazionali nei confronti degli attivisti ambientali, sociali, sindacali, dei diritti umani, leader comunitari, contadini, indigeni, afrodiscendenti, lavoratori della comunicazione, insegnanti, studenti, artisti, LGBTI … ovvero di tutti coloro che con il loro agire creano potenziale o reale disturbo al sistema. Stato dittatoriale da una parte contro popolo dall’altra.

Secondo il direttore del Centro di Documentazione dell’Honduras, gli eterogenei gruppi criminali che operano nel Paese centroamericano non potrebbero agire nella dimensione in cui lo fanno senza la complicità dello Stato, con la narcopolitica come espressione più emblematica dei legami tra Stato e crimine organizzato. 

Malversazione, corruzione, narcodittatura

Per secoli lo Stato è stato visto come il bottino dei trionfatori elettorali e dei loro alleati. Il saccheggio dei fondi pubblici per usi privati ed il clientelismo sono delle costanti. I politici corrotti usano i poveri come massa di manovra, se stessi come elargitori di impieghi verso dei correligionari, in cambio della fedeltà al partito. Questo panorama si è complicato negli ultimi dieci anni con il coinvolgimento del presidente e della sua famiglia nel traffico internazionale di droga.

La Procura del Distretto Meridionale di New York che indaga sul caso, ha dichiarato Antonio Hernadez, fratello dell’attuale presidente, narcotrafficante su vasta scala, colpevole di numerosi reati, collaboratore di gruppi criminali colombiani e messicani. Con l’aiuto materiale di membri corrotti della Polizia Nazionale, assicurava il passaggio di tonnellate di stupefacenti verso gli USA, finanziando coi proventi le milionarie campagne elettorali del Partito Nazionale dell’Honduras (PNH): 2 milioni di dollari per Lobo nel 2009, 1,6 milioni per Hernández nel 2013, similmente nel 2017. I due presidenti stessi sono stati definiti dalla Procura statunitense “co-cospiratori” nel flusso di narcodollari verso la politica.

Tale traffico era già emerso con la cattura nel 2015 di Fabio Lobo, figlio dell’ex-presidente Porfirio Lobo, per il suo ruolo di facilitatore delle negoziazioni fra Stato e mafia. Anche alti esponenti del Partito Liberale furono condannati per aver prestato servizi commerciali e bancari al crimine organizzato. È il caso della potente famiglia Rosenthal, con base a San Pedro Sula, la capitale economica del Paese.

Nel 2015 giornalisti locali riuscirono a dimostrare i legami tra il peculato nell’Istituto Honduregno di Previdenza Sociale (IHSS) ed il finanziamento della campagna elettorale del PNH del 2013. L’indignazione enorme dei cittadini divenne azione collettiva: massicci “cortei delle fiaccole” costrinsero il governo ad installare una Missione di Sostegno contro la Corruzione e l’Impunità in Honduras (MACCIH). Aveva il difficile compito di rafforzare le vacillanti istituzioni nazionali, rendere conto delle reti di corruzione e proporre soluzioni per rendere trasparente la gestione degli affari pubblici. I 12 casi presentati dalla sua squadra investigativa permisero, per la prima volta, di processare alti funzionari pubblici (tra essi la moglie dell’ex presidente Rosa Elena Bonilla de Lobo). Ma le successive pressioni da parte del partito filogovernativo, portarono alla totale disarticolazione di MACCIH nel gennaio 2020.

Secondo i ricercatori del Centro Studi per la Democrazia, in Honduras esiste uno scambio di favori tra reti di corruzione pubblico-private, rinnovati in periodo elettorale, che consiste in investire in politica per poi ottenere “contratti relativi a concessioni che procurano enormi fortune e che, nel contempo (…) sono i canali appropriati per lavare denaro e introiti provenienti dal narcotraffico e dal crimine organizzato”. Se ciò non bastasse, il 18 ottobre scorso i deputati del Congresso Nazionale hanno approvato il “fondo dipartimentale”, che permette loro di usufruire a discrezione di fondi pubblici per alimentare le loro reti clientelari.

Nuovo codice penale

Il 25 giugno 2020 dovrebbe entrare in vigore il nuovo codice penale. Il testo, già approvato l’anno scorso, suscita grande preoccupazione in diversi settori della società honduregna. Organizzazioni sociali, popolari e sindacali insistono sulla necessità di modificarlo, poiché configura più di 50 nuove tipologie di reati penali e molti dei suoi articoli violano la libertà sindacale, di espressione, associazione, riunione e manifestazione. Attacca il diritto alla protesta pacifica e riduce le pene per reati di corruzione e violenze sulle donne.

Secondo Joel Almendares, segretario generale della Confederazione Unitaria dei Lavoratori dell’Honduras (CUTH), queste nuove tipologie di reati penali sono state create per spaventare, criminalizzare e perseguire le organizzazioni sociali e popolari che lottano contro le politiche neoliberiste del governo, i media indipendenti, i difensori dei diritti umani, i lavoratori e le lavoratrici organizzate.

“In questi articoli c’è l’essenza della strategia governativa per mettere a tacere il movimento sociale organizzato. È per questo che chiediamo l’eliminazione di questi articoli e che stiamo ricevendo il sostegno e la solidarietà di molte organizzazioni nazionali e internazionali”.

Business dei rifiuti tossici

Nella sessione virtuale del 16 giugno 2020, il Congresso Nazionale ha approvato un disegno di legge, senza dar voce all’opposizione, dove si autorizza l’importazione da qualunque parte del mondo di batterie esauste di veicoli, per essere “riciclate” seppellendone quanto resta in territorio nazionale.

Il rischio di trasformare l’Honduras in una discarica di rifiuti tossici è evidente. È quanto denuncia il deputato del partito LIBRE, Jari Dixon Herrera, facendo appello alle associazioni ambientaliste.

Una prima risposta è arrivata dai professionisti di ingegneria ambientale. In un comunicato hanno ricordato come l’art. 8 della legge generale sull’ambiente proibisca d’introdurre nel Paese rifiuti tossici radioattivi, immondizia domestica, fanghi di scolo o altri contaminanti. L’art. 11 stabilisce, viceversa, di adottare le misure necessarie per evitare l’importazione di prodotti pericolosi per l’ecosistema e la salute umana. Sollecitano inoltre al Congresso Nazionale un ampio confronto pubblico sulla legge, per ora stagnante, di Gestione Integrale dei Rifiuti.

Dengue e covid-19

In Centroamerica, come in altri Paesi tropicali, sono ricorrenti le epidemie di dengue, malattia trasmessa da una zanzara. Quest’anno ciò si sovrappone alla già difficile situazione del covid-19. In Honduras si riportano, alla 23° settimana del 2020, 13.998 casi, dei quali 12.760 della variante classica (meno grave) e 1.238 di dengue emorragico (grave/mortale). Circa i numeri del covid, al 26/6/2020 abbiamo conferma di 15.366 contagiati, 1.600 guariti e 426 morti, ma ciò che più preoccupa è la tendenza all’esponenziale aumento dei contagi nell’ultimo mese.

Le ricette neoliberiste applicate in Honduras dal golpe in poi, hanno avuto la loro evidente espressione nel collasso delle strutture sanitarie ed educative. Di conseguenza la popolazione è di fatto abbandonata a se stessa di fronte alle epidemie e pandemie. Molti medici ritengono che il governo non abbia preso le misure preventive adeguate ed abbia gestito l’intera situazione covid con incompetenza. Insufficienti sia i dispositivi di biosicurezza per il personale sanitario, sia quelli basilari per la gente. Le ingenti somme stanziate dai fondi pubblici per affrontare la situazione, acquistando i materiali necessari, sono state in gran parte preda di malversazione o usate in modo clientelare. Lo stesso vale per l’emergenza alimentare, considerando che la maggior parte della popolazione vive di economia informale.

Il covid-19 è stato per il governo e i suoi accoliti una pacchia, da sfruttare per annullare il dissenso, aumentare la repressione, accentrare ulteriormente il potere, accelerare processi di concessione del territorio honduregno allo sfruttamento straniero e nostrano, accumulare ulteriori ricchezze pubbliche nelle mani di un ristretto gruppo economico e criminale. Per le classi popolari è stato l’ennesima mazzata, alleviata solo dalle strategie di autodifesa e sussistenza e dalle numerose forme di solidarietà messe in atto dalle persone, comunità e organizzazioni di base.

Come ricordava Berta Caceres: “Solo il popolo salva il popolo”.

 

Fonti:

Daniel Vásquez – nuso.org –   https://criterio.hn/honduras-en-el-abismo/

https://vidasdesplazadas.org/categoria-noticias/247-mil-vidas-desplazadas-en-honduras/

Giorgio Trucchi – Rel UITA –https://www.pressenza.com/it/2020/06/honduras-profondamente-antisindacale/

https://radioprogresohn.net/instante/partido-nacional-convertira-a-honduras-en-basurero-toxico-denuncia-diputado/

https://criterio.hn/ingenieros-ambientales-recuerdan-al-gobierno-que-es-prohibido-introducir-desechos-toxicos-a-honduras/

https://confidencialhn.com/honduras-reportan-casi-14-mil-casos-de-dengue-distrito-central-y-el-valle-de-sula-los-mas-afectados/

 

A cura di Adelina Bottero

DENUNCIA PUBBLICA: Il COPINH respinge le minacce alle installazioni di “Utopia”

Il COPINH denuncia le minacce di attacco e di incendio al Centro di Incontri e Amicizia “Utopia”, dopo aver reso pubblica l’offerta di prestare temporaneamente le installazioni come centro di isolamento per le persone del centro penitenziario, sospette o contagiate dal COVID-19, su richiesta dei lavoratori della salute e del potere giudiziario. 

Queste minacce si aggiungono a recenti fatti in cui individui chiaramente identificati pretendono di organizzare gruppi per prendersi le installazioni del COPINH, arrecare danni e compiere furti nella struttura, cosa che è stata già denunciata ufficialmente presso le autorità competenti. 

Queste minacce van di pari passo con una campagna di diffamazione che mira a disinformare circa la disposizione dell’organizzazione a svolgere un lavoro umanitario in tempi di crisi sanitaria. 

Le autorità incaricate di far fronte alla crisi della pandemia COVID-19, chiaramente non hanno svolto il loro lavoro, nonostante i miliardi che han tirato fuori dai fondi pubblici, al contrario, ostacolano e stigmatizzano le iniziative dei cittadini. 

Il COPINH lamenta e respinge le manifestazioni di discriminazione contro le persone vulnerabili, quali sono i carcerati ed i contagiati dal COVID-19. 

Rivolgiamo un appello alla solidarietà da parte della cittadinanza di Intibucá e riaffermiamo la nostra posizione di disporre di “Utopia” come centro d’isolamento per chi ne abbia bisogno. 

La Esperanza, Intibucá – 23 giugno 2020 

 

https://copinh.org/2020/06/denuncia-publica-copinh-rechaza-amenazas-a-instalaciones-de-utopia/

Traduzione di Adelina Bottero

Honduras, Bertha Zúniga Cáceres: “Dobbiamo aumentare la sovranità alimentare”

di G. Trucchi

La pandemia in Honduras continua a colpire duramente: più di 5.500 contagiati e circa 230 morti. Essendo uno dei Paesi con i più alti tassi di disuguaglianza e povertà (67%) dell’America Latina, è inevitabile che la malattia abbia colpito soprattutto i settori più vulnerabili della società.

Le zone rurali sono i luoghi dove si vedono di più gli effetti nefasti del modello neoliberale imposto dalle elites nazionali e dal grande capitale internazionale. Le popolazioni indigene e nere e le comunità contadine stanno subendo i principali impatti di una crisi sanitaria che mette a nudo la crudeltà e disumanità di questo sistema.

Nonostante le difficoltà e i limiti è essenziale raddoppiare gli sforzi e promuovere forme di autogestione e di sovranità alimentare, ha affermato Bertha Zúniga Cáceres, coordinatrice del Copinh, il Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras, e figlia di Berta Cáceres[1].   leggi tutto>>>

Honduras: La covidfobia e l’allarmante situazione di violenza sulle donne

di Giorgio Trucchi

Honduras: La covidfobia e l’allarmante situazione  di violenza sulle donne

La scorsa settimana, il Centro per i diritti della donna, Cdm, l’Equipe giuridica per i diritti umani e Women’s Link Worldwide hanno inoltrato al massimo organo di giustizia honduregno una richiesta di informazioni sui casi di violenza domestica durante gli oltre due mesi di lockdown.

Incaricati di ricevere le denunce, applicare misure di protezione e tutela, verificandone poi l’adempimento durante la sospensione delle attività dei tribunali, sono i giudici di pace secondo quanto disposto dal presidente della Corte suprema di giustizia (risoluzione PCSJ 16-2020) [1].

Uno degli effetti più gravi della pandemia è l’acuirsi delle disuguaglianze che già esistono nella società honduregna. In questo contesto, la quarantena diventa la più grande minaccia per molte donne, bambine e bambini.

Secondo l’Osservatorio sui diritti umani delle donne[2] del Cdm, dall’entrata in vigore delle misure restrittive delle libertà ci sono stati 26 femminicidi – 12 nel solo mese di maggio -, 3 tentati femminicidi e 10 casi di violenza sessuale. In totale, da gennaio sono già state assassinate 95 donne.   leggi tutto>>>

HONDURAS – MANIFESTO DEL 1° MAGGIO

IN TEMPI DI COVID-19

Noi organizzazioni firmatarie di questo documento, salutiamo il nostro popolo lavoratore in questo 1° Maggio, in un contesto in cui l’Honduras è vittima tanto delle conseguenze della pandemia del COVID-19, quanto dell’imposizione incostituzionale e fraudolenta di una narcodittatura cachureca (*) e militare, espressione del collassato modello neoliberalcapitalista.    

Essendo impegnata a proteggersi dai processi di New York, la dittatura ha dovuto improvvisare l’emergenza di fronte alla pandemia, agendo con la stessa irresponsabilità e incompetenza con cui ha gestito l’epidemia di Dengue negli ultimi due anni, così come ha gestito gli affari pubblici durante questo decennio, che ha avviato col colpo di Stato del 28 giugno 2009.  

L’improvvisazione, il cinismo, l’incompetenza, la corruzione e il settarismo, hanno avuto per risultato un piano d’emergenza assunto come una cuccagna per far soldi, che si palesa nella ripartizione tra faine delle miliardarie risorse dell’emergenza, approvate rigorosamente con dispensa dal dibattito nel Congresso Nazionale. Continua a leggere

INCENDI IN HONDURAS

In piena emergenza sanitaria per la pandemia, il territorio honduregno viene devastato da un’ondata di incendi.

Secondo i dati forniti dall’Istituto per la Conservazione delle Foreste (ICF), dall’inizio del 2020 fino alla data del 24 aprile erano stati distrutti dalle fiamme oltre 23.200 ettari di boschi in 487 località. Dopo nemmeno un mese, il 16 maggio, la cifra risulta raddoppiata: 835 incendi forestali hanno distrutto quasi 55.000 ettari di boschi, fra nazionali, demaniali e privati.

 

I dipartimenti più colpiti sono quelli di Francisco Morazán, Gracias a Dios, Olancho e il Distretto Centrale.

Il municipio di Puerto Lempira (Gracias a Dios, nella zona caraibica orientale dell’Honduras), è quello che presenta la maggiore estensione distrutta dalle fiamme, con oltre 20.800 ettari, ovvero il 38% del totale dell’area colpita a livello nazionale.

Secondo fonti del Corpo dei Vigili del fuoco oltre il 90% dei casi, sono opera della mano criminale dell’uomo, ma sono molto pochi i casi in cui si è potuto identificare i piromani. Continua a leggere

Honduras: “Non smetteremo mai di lottare per Rommel”

 
La situazione dei prigionieri politici peggiora durante la crisi di Covid-19
13 maggio 2020 – Giorgio Trucchi
 

Manifestazione a Teguigalpa (foto Herrera Portillo)

Il 30 maggio si compie un anno dall’arresto e ingiusta detenzione di Rommel Herrera Portillo. Il giovane insegnante di 24 anni è rimasto vittima del falso positivo dell’incendio di alcuni copertoni davanti alla porta d’ingresso dell’ambasciata statunitense in Honduras[1]. In febbraio, alla conclusione dell’udienza preliminare,  il giudice ha disposto il rinvio a giudizio di Rommel che attualmente è ricoverato in un ospedale psichiatrico in attesa di processo.“Rommel si trova ancora al “Mario Mendoza” poiché a febbraio il tribunale gli ha negato le misure alternative alla detenzione. Con la pandemia di Covid-19 le visite sono vietate e sono più di 50 giorni che non lo vediamo. Siamo preoccupati per la sua salute”, ha spiegato Mari Cruz Portillo, madre di Rommel.

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MENSE COMUNITARIE: LA SCOMMESSA DELLE DONNE PER SOPRAVVIVERE IN TEMPI DI PANDEMIA

Spinte dalla fame che per tutta la vita le ha accompagnate, ma che in questa quarantena si è fatta insopportabile, le donne dell’insediamento Alemania nella città di El Progreso (dipartimento di Yoro, nel nord dell’Honduras), si sono organizzate per installare una mensa comunitaria, allo scopo di garantire un pasto ai loro figli e figlie. 

Una baracca improvvisata di zinco con due fornelli è diventata il luogo più importante della comunità. Lì si allevia la sofferenza che provoca la carenza di cibo e si organizzano attività di pulizia e fumigazione per evitare il contagio del Covid-19. Inoltre si analizza e affronta la minaccia di sgombero da parte delle autorità municipali, che reclamano quel terreno per la costruzione di un ospedale. 

L’insediamento Alemania è composto da 145 famiglie, delle quali 100 vivono in povertà estrema, svolgendo lavori informali, ha riferito a Radio Progreso Raquel López, presidentessa del patronato, sottolineando che in quei nuclei abitativi le capofamiglia sono donne sopravvissute alla violenza, che si dedicano ad attività quali lavare i panni altrui, riciclare plastica e vendere dolciumi. 

Quando iniziò la crisi sanitaria del Covid-19 nel Paese, le autorità imposero un coprifuoco prolungato perché la gente restasse a casa, controllando così la propagazione del virus. Mediante il programma “Honduras Solidale” il governo s’impegnò a fornire alimenti alle famiglie più povere. I fondi per questo programma vennero amministrati dai Comuni. 

La municipalità di El Progreso, gestita da Alexander López, consegnò circa 16.000 razioni di cibo, in un clima di denunce per corruzione, per presunta sopravvalutazione dei prezzi e politicizzazione nella distribuzione degli alimenti. Il 1° maggio il Pubblico Ministero fece perquisire gli uffici comunali e confiscare tutta la documentazione relativa all’acquisto di cibo durante l’emergenza. Siamo in attesa dei risultati dell’indagine. 

Le donne di Alemania cominciarono a denunciare che il “Pacco Solidale”, che il sindaco pubblicizzava attraverso le reti sociali e i mezzi d’informazione, non stava arrivando. Ci furono proteste e occupazione di strade, ma la prima risposta che ricevettero dalle autorità fu gas lacrimogeno. Indignate e afflitte dalla fame, prepararono una zuppa con i bossoli dei gas lacrimogeni usati nella repressione. 

In seguito all’azione di denuncia, vennero loro consegnate 50 razioni di cibo soltanto, insufficienti secondo le donne per alimentare tutte le famiglie. Pertanto dovettero trovare il modo di sfangarsela, allestendo una mensa che permettesse almeno di sfamare i bambini, le donne incinte e gli anziani. 

In tal modo e grazie ad altre donazioni cominciarono a cucinare per tutta la comunità. 

Nell’ambito della crisi per la pandemia, a El Progreso stanno ora funzionando una decina di mense infantili, grazie a donazioni da parte di persone, istituzioni ed alcuni impresari. Queste mense sono dirette da donne. 

Per le organizzazioni femministe, riconoscere che la crisi colpisce le donne e gli uomini in maniera disuguale è imprescindibile per comprendere gli effetti diretti e indiretti sulle persone, ponendo così in pratica politiche pubbliche che siano efficaci ed eque. 

Alle honduregne che vivono in comunità come Alemania, al di là del contagio da Covid-19 che tiene il mondo in all’erta, preoccupano il morire di fame insieme ai figli e la violenza di genere, che i provvedimenti messi in atto dal governo durante la pandemia hanno ulteriormente aggravato, ha concluso Raquel López. 

 

https://radioprogresohn.net/noticias-nacionales/comedores-comunitarios-la-apuesta-de-mujeres-para-sobrevivir-en-medio-de-la-pandemia/

 

Traduzione di Adelina Bottero