La Palestina torna al centro dell’agenda politica

Nessuno potrà sottovalutare la straordinaria manifestazione a Roma
COMUNICATO STAMPA (18 nov)

Un copione già visto nelle reazioni alla manifestazione
per la Palestina di Roma (19 nov)

COMUNICATO STAMPA (18 nov)

Migliaia di persone sono arrivate da tutta Italia – a proprie spese e
con una dimostrazione di autorganizzazione impressionante –  per dare
vita a Roma ad una manifestazione che ha posto all'agenda della politica
estera italiana questioni dalle quali sarà difficile sottrarsi ancora.

La revoca dell'accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele e
la revoca del vergognoso embargo contro i palestinesi, insieme alla
rivendicazione della libertà e dell'autodeterminazione del popolo
palestinese, sono stati al centro della piattaforma,degli interventi, degli
slogan e delle decine di interviste rilasciate nella manifestazione di
Roma.

La concomitanza con la manifestazione della Tavola della Pace e
dell'apparato di governo a Milano, ha prodotto un effetto moltiplicatore alla
partecipazione e alla chiarezza sui contenuti che era ben visibile nel
grande corteo che ha sfilato per le strade di Roma.

La spinta alla promozione e alla partecipazione era stata assai forte
nelle ultime due settimane, soprattutto davanti alla consapevolezza che
l'interruzione della cooperazione tra l'Italia e l'apparato militare
israeliano può e deve essere il parametro su cui nei prossimi mesi si
misurerà la capacità di incidere concretamente per mettere fine alla
mattanza dei palestinesi in corso ormai da anni nei Territori Palestinesi
nel silenzio, nell'inerzia e spesso nella complicità dei governi europei,
incluso quello italiano.

La manifestazione di Roma ha svelato pubblicamente l'esistenza di
questa complicità militare che disvela le troppe ambiguità di una
equidistanza del governo italiano dichiarata ma non praticata tra la politica
israeliana e i diritti del popolo palestinese.

Oggi nessuno può più dire non lo sapevo e il tentativo di insabbiare il
tutto limitandosi agli attacchi e alle polemiche su episodi marginali
come bandiere o pupazzi bruciati in una manifestazione sostanzialmente
tranquilla ma assai determinata (cosa verificabile e verificata da
tutti)  non riuscirà a nascondere a lungo una contraddizione ormai pubblica.

Questa "trappola" era una costante che aspettavamo al varco, tant'è che
una bandiera è stata bruciata dal palco, una bandiera nazista, affinché
tutti sappiano che chi è solidale con la Palestina lo è perché è anche
corentemente antifascista, antimperialista, antirazzista.

La prosecuzione della raccolta di migliaia di firme sulla petizione per
la revoca dell'accordo militare e l'avvio della campagna per il
boicottaggio e il disinvestimento verso le aziende italiane che investono
nell'economia di guerra israeliana (a cominciare dalla Telecom),  saranno
nelle prossime settimane i temi di una vasta e capillare campagna in
tutto il paese. Questi strumenti hanno dato un contributo decisivo per
sconfiggere il regime dell'apartheid in Sudafrica, oggi possono darlo
anche per sconfiggere la politica coloniale di Israele verso i palestinesi
dei Territori, di quelli che vivono in Israele o nei campi profughi
della diaspora.

Su questo sarà possibile verificare in concreto l'ipocrisia
dell'equidistanza o la profondità della complicità con l'occupazione della
Palestina. Le cose si possono fare e non è scritto da nessuna parte che
l'unica opzione sia quella di mandare i militari su tutti i teatri di crisi e
di guerra.

La "politica" sia essa di destra o della sinistra di governo non può
pensare di seppellire tutto con la criminalizzazione o la cooptazione
delle forze sociali. La riuscita della manifestazione di Roma lo sta a
dimostrare. In piazza eravamo in tanti, eravamo uno in più della
manifestazione di Milano.
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Cinque domande per una lettera aperta alla "politica", all'informazione e
agli inservibili (19 nov)

Aprendo i giornali di oggi – domenica 19 novembre – sembra di vedere i
quotidiani di nove mesi fa, esattamente del 19 febbraio. Una
manifestazione pienamente riuscita in solidarietà con il popolo palestinesi, contenuti chiari che hanno portato alla luce l’inaccettabilità di accordi
militari (in gran parte segreti anche al Parlamento) tra Italia e Israele e la
vergogna di un embargo applicato alle vittime (i palestinesi) piuttosto che agli
occupanti che li bombardano ogni giorno (Israele), sarebbe passata sotto
silenzio o ridotta a cronache in piccoli francobolli di giornale. Ed invece
le prime pagine e le cronache dedicano ampio a questa manifestazione ma
solo per darne un’immagine completamente distorta fatta di pupazzi bruciati e
slogans sbagliati.E’ un copione che si ripete sistematicamente ad ogni manifestazione per la Palestina. Abbiamo conservato i giornali e le dichiarazioni della “politica” dal marzo 2002 e vi potrete trovare un campionario di falsità, mezze verità, anatemi e distorsioni. In sostanza la Palestina deve scomparire
dall’agenda politica perché essendo una situazione “in bianco e nero”, con
occupanti e occupati, con aggressori e aggrediti, non consente zone grigie e
ambiguità oltre il buon senso e la coscienza comune.
Le reazioni ad alcuni episodi del tutto marginali ed estranei alla
manifestazione di sabato 18 novembre – così come a quella del 18 febbraio di
quest’anno – danno l’impressione di voler nascondere, dietro i toni indignati e le strumentalizzazioni politiche a fini interni, l’immondizia sotto il tappeto.

1. Vorremmo chiedere al Presidente della Camera Bertinotti: quand’è che
oltre a commentare gli “slogans indicibili” vorrà dire qualcosa anche contro
l’accordo militare Italia-Israele che l’attuale governo ancora non si decide
a revocare? Gli “idioti” bruciano dei pupazzi in piazza, ma le nuove armi
israeliane a Gaza o in Libano dilaniano le persone in carne d’ossa come è
stato ampiamente documentato anche nel nostro paese.

2. Vorremmo chiedere ai ministri e viceministri della sinistra di governo:
come mai l’Italia continua a tenere bloccati i fondi e i soldi destinati ai
servizi sociali, alle donne, agli ospedali palestinesi  che erano in emergenza umanitaria ancora prima dell’embargo varato dall’Unione Europea?

3. Vorremmo chiedere al governo nel suo insieme: come mai sul Medio Oriente
e sulla Palestina continuate a dichiarare una politica di equidistanza diversa da quella servile e unilaterale del governo Berlusconi, ma continuate a ritenere prioritari gli interessi strategici israeliani sul piano militare, economico, diplomatico?

4. Vorremmo chiedere anche alle redazioni dei giornali e delle televisioni:
come mai effettuate decine di interviste, avete a disposizione ore di girato, ascoltate le ragioni di una manifestazione, ponete anche le domande più insidiose ai suoi organizzatori ma poi ne rappresentate solo un episodio in contrasto con lo spirito e il senso maggioritario di una intera manifestazione con migliaia di persone? I cameraman e i cronisti a cui lo abbiamo chiesto in piazza ci hanno risposto allargando le braccia. Forse è tempo che i giornalisti scioperino non solo contro l’arroganza degli editori ma anche a difesa della dignità e della libertà di informazione.

5. Infine vorremmo chiedere a chi nella manifestazione di sabato ha bruciato
i pupazzi e lanciato slogans inservibili e insulsi (lo stesso era accaduto a
febbraio). Se sapevate (e lo sapevate) che era pronta la trappola mediatica
che sarebbe servita a manipolare e occultare una manifestazione sulla
Palestina, perché vi siete coscientemente e puntualmente prestati alla
trappola? O siete stupidi o siete malconsigliati. Nel primo caso ravvedetevi, nel secondo allontanate i cattivi consiglieri. La prossima volta sarà l’intera manifestazione che non permetterà che vi prestiate
di nuovo alla trappola.
L’ultima domanda è per noi stessi. Sono cinque anni che cercano in ogni modo
e con ogni mezzo di mettere a tacere o demonizzare le nostre iniziative di
solidarietà con la Palestina. Non ci sono riusciti perché è la realtà sul campo a determinare la situazione. Il mattatoio palestinese a Gaza, la repressione militare e coloniale in Cisgiordania, la crescente tensione in Libano, l’invasione e la resistenza in Iraq, non consentono di nascondere la spazzatura sotto il tappeto e il mantenimento delle ambiguità. Se le contraddizioni agiscono concretamente sul campo, è sufficiente mettere in campo un minimo di capacità organizzativa e di chiarezza nei contenuti per incidere politicamente e orientare la gente. Questa è stata e rimane la funzione del Forum Palestina e sulla base di questa continueremo ad agirepoliticamente.

Roma, 19 novembre 2006
Il Forum Palestina